Introduzione
Il 27 ottobre 1962, alle ore 18.57, in località Bascapè, Pavia, l’aereo sul quale viaggiava Enrico Mattei, proveniente da Catania e diretto a Linate, precipitò; morirono con Mattei il pilota Irnerio Bertuzzi e il giornalista del Time-Life William McHale. La sera stessa venne nominata una commissione di inchiesta dall’allora ministro della difesa Giulio Andreotti. Le indagini vennero svolte dall’Aeronautica Militare dalla fine di ottobre fino al marzo del 1963 e, a lavori conclusi, la commissione giunse alle seguenti conclusioni:
Mentre le modalità dell’incidente sono state determinate, l’incidente è infatti da attribuire a perdita di controllo in spirale destra, non è stato possibile accertare la causa o le cause che tale perdita di controllo hanno determinato.
I numerosi elementi certi derivati dalle investigazioni, dando evidenza del corretto funzionamento delle parti e dispositivi interessati, hanno portato ad escludere determinati gruppi di cause.
Tra le varie ipotesi, non suffragate da elementi certi o da indizi, che potrebbero spiegare la repentina incontrollata spirale a destra conclusasi con l’urto sul terreno, la Commissione ritiene quale ipotesi più attendibile quella rappresentata dalla concomitanza di più fattori di natura tecnica e psicofisica che possono apparire di scarsa importanza se valutati isolatamente ma che nel loro dinamismo complessivo possono avere assunto il valore di causa determinante dell’incidente.[1]
La seconda inchiesta sulla morte di Enrico Mattei è stata svolta dal Pubblico Ministero Vincenzo Calia della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pavia. La nuova indagine venne avviata dalla procura di Pavia il 20 settembre 1994, a seguito di una trasmissione, da parte della procura di Caltanissetta, di un verbale contenente una dichiarazione fatta da un collaboratore di giustizia, Gaetano Iannì. Tale Iannì, disse ai magistrati di Caltanissetta che «per l’eliminazione di Mattei c’era stato un accordo tra gli americani e Cosa Nostra. Che il centro di Cosa Nostra, cioè Palermo, incaricò per l’eliminazione Di Cristina Giuseppe il quale con la sua famiglia fece in modo che sull’aereo sul quale viaggiò il Mattei venisse collocata una bomba».[2]
La seconda inchiesta sulla morte di Enrico Mattei, sembra ribaltare le conclusioni delle prime indagini. A seguito di nuove perizie eseguite da esperti su alcuni resti dell’aereo e sui resti dei cadaveri, gli inquirenti si sono pronunciati per la natura dolosa del disastro aereo. La seconda inchiesta tuttavia, si limita solamente a dare verosimiglianza alla tesi del sabotaggio dell’aereo e il Magistrato, nelle sue conclusioni, ammette l’impossibilità di proseguire le indagini per individuare esecutori materiali e mandanti:
All’esito dell’indagine deve ritenersi in primo luogo acquisita la prova che l’aereo a bordo del quale viaggiavano Enrico Mattei, William Mc Hale e Irnerio Bertuzzi venne dolosamente abbattuto nel cielo di Bascapè la sera del 27 ottobre 1962.
L’indagine tecnica, confortata dalle testimonianze orali e dalle prove documentali raccolte, in assenza di evidenze contrarie, ha infatti permesso di ritenere inequivocabilmente provato che l’I-SNAP precipitò a seguito di un esplosione limitata, non distruttiva, verificatasi all’interno del velivolo.
È infatti provato che a bordo dell’I-SNAP si verificò un’esplosione; che l’esplosione si verificò durante il volo e non in coincidenza o dopo l’impatto col suolo; che il serbatoio, i motori e la bombola di ossigeno non esplosero.
Come è già stato dimostrato il mezzo utilizzato fu una limitata carica esplosiva, probabilmente innescata dal comando che abbassava il carrello e apriva i portelloni di chiusura dei suoi alloggiamenti.
Tale carica esplosiva, equivalente a circa cento grammi di Compound B, fu verosimilmente sistemata dietro il cruscotto dell’aereo, a una distanza di circa 10-15 centimetri dalla mano sinistra di Enrico Mattei. […]
L’indagine a distanza di quarant’anni dal delitto, dopo aver insperabilmente acquisito la certezza circa le cause della caduta dell’I-SNAP, si è posta come ulteriore obiettivo possibile la ricerca delle responsabilità personali e dirette nella morte del presidente dell’ENI e dei suoi due compagni di viaggio.
Le prove orali, documentali e logiche raccolte […] non permettono l’individuazione degli esecutori materiali né, per quanto concerne i mandanti, possono condurre oltre i sospetti e le illazioni, di per sé inadeguati non soltanto a sostenere richieste di rinvio a giudizio, ma anche a giustificare l’iscrizione di singoli nominativi sul registro degli indagati o a protrarre ulteriormente le investigazioni.[3]
L’aereo del presidente dell’ENI: il Morane – Saulnier 760
All’epoca in cui Enrico Mattei era presidente dell’ENI, il parco aeromobili dell’azienda petrolifera di Stato era composto da due De Havilland “Dove” con marche I-SNAM e I-ANIC, due Morane-Saulnier MS 760 con marche I-SNAI (modello Paris I) e I-SNAP (modello Paris II), e un Jet Star con marche I-SNAL. L’aereo che veniva utilizzato più di frequente dal fondatore dell’ENI – soprattutto per gli spostamenti veloci – era il Morane-Saulnier 760 I-SNAP.[4]
Il Morane-Saulnier 760, ebbe il suo primo volo il 29 luglio del 1954. Il secondo prototipo, effettuò un volo il 28 marzo 1957 e la produzione di serie iniziò nel mese di febbraio del 1958. L’anno successivo, nel febbraio 1959, vennero consegnati ai clienti trentotto esemplari di Morane –Saulnier 760: ventisei vennero destinati alla Repubblica Argentina; sei all’Armé de l’Air francese; tre agli Stati Uniti; uno alla Gran Bretagna; e, infine, uno all’Iran, usato come aereo personale dallo Scià di Persia. L’MS 760 venne prodotto in tre varianti: il Paris I; il Paris II; e il Paris III.[5]
Questi modelli si differenziavano tra loro per alcuni particolari, senza tuttavia allontanarsi dalla linea definita con lo sviluppo del prototipo. Monoplano bimotore, biposto se impiegato come addestratore militare, nell’uso civile poteva ospitare un pilota e tre passeggieri. La versione Paris III era in grado di ospitare il pilota più cinque passeggieri. La SNAM Aeromobili acquistò un Paris I e un Paris II. Su quest’ultimo era installato un VOR ed entrambi erano equipaggiati con turbogetti Marbore VI da 1.058 libbre pari a 480 Kg di spinta, montati sulla parte inferiore della fusoliera. Prevedeva il montaggio di serbatoi ausiliari alle estremità delle ali (tip) per aumentare l’autonomia, e la capacità complessiva di stivaggio del carburante raggiungeva i 1.820 litri (Paris II e Paris III). L’aereo era munito di pressurizzazione e condizionamento. Il carrello triciclo retrattile era azionato elettricamente, ma in caso di emergenza poteva essere attivato con comando meccanico. La struttura era completamente metallica, comprese le superfici mobili; gli alettoni bilanciati staticamente e dinamicamente erano muniti di trim; i flap operavano anch’essi elettricamente e in emergenza con comando meccanico. Era munito di aerofreni operanti sul dorso dell’ala (diedro alare 8°, incidenza alare 2°). Per le comunicazioni, disponeva di una radio VHF, una radio Compass e un ricevitore VOR con ILS. Il Paris II aveva un impianto di erogazione dell’ossigeno. Il tettuccio era scorrevole elettricamente e all’occorrenza poteva essere espulso.[6]
Una testimonianza inedita di Enrico Mattei
Fra le carte conservate nell’archivio di Giulio Andreotti, c’è una testimonianza del presidente dell’ENI che riguarda l’aereo sul quale egli era solito viaggiare, ossia il MS-760. Si tratta di un verbale del 27 novembre 1962 – dunque un mese dopo la scomparsa di Mattei – che raccoglie una testimonianza del pilota del velivolo dell’allora Presidente della Repubblica (Antonio Segni). In questo verbale, il pilota presidenziale, riporta una conversazione che lui ebbe con Mattei il 19 settembre del 1962.
Alla Direzione dell’Aviazione Civile
Ufficio Operazioni
Roma (EUR)
Su richiesta verbale del Generale Ricco, lo scrivente riporta una conversazione avuta con l’ingegner Mattei la mattina del 19 settembre a Ciampino in occasione del viaggio del Presidente della Repubblica a Bari.
La conversazione verteva sui velivoli che l’ingegnere usava per i suoi rapidi viaggi ed in particolare sulle loro caratteristiche. Tra l’altro si venne a parlare […] dei velivoli e lo scrivente sosteneva come questo fattore fosse da tener presente per chi avesse la necessità di spostarsi con qualsiasi condizione di tempo.
Si parlò di voli di una certa difficoltà e a questo proposito l’Ingegnere narrò un episodio occorsogli esprimendosi più o meno in questi termini: “un giorno tornando dal Marocco diretto a Napoli con il MORAM (Morane – Saulnier 760 N.d.A.) trovammo il tempo perturbato ed era di notte. Ad un certo momento tutta la strumentazione andò in avaria e quella volta ce la cavammo per il rotto della cuffia.” Lo scrivente disse che certi inconvenienti, in particolari condizioni, potevano portare a gravi conseguenze, al che l’Ingegnere annuì di rimando.[7]
L’aneddoto che Mattei racconta al pilota presidenziale, è interessante se si tiene presente che, circa un mese dopo, il fondatore dell’ENI morì in un disastro aviatorio proprio sul MS-760 I-SNAP, proprio nel momento in cui l’aereo, pilotato dal Com.te Bertuzzi, si preparava ad atterrare all’aeroporto di Linate in tarda serata e in condizioni meteo pessime (soprattutto se rapportate a quel tipo di aeromobile).[8]
La testimonianza, inoltre, sembra dimostrare l’inaffidabilità di quell’aereo: infatti Mattei racconta di come, all’improvviso, la strumentazione di bordo smise di funzionare, e, per poco, non accadde una sciagura. Esiste un altro documento che testimonia la scarsa affidabilità del MS-760, e, per giunta, viene narrato di un incidente occorso allo stesso aereo del tutto simile a quello accaduto il 19 settembre 1962. Si tratta di una lunga lettera del Com.te Luigi Balletti, uno dei piloti che lavorava a quel tempo per l’ENI. In questa lettera, Balletti ci teneva a denunciare ai vertici dell’ENI le gravi superficialità dei dipendenti della SNAM che si occupavano della manutenzione degli aerei aziendali.
Egr. Sig.
Prof. Marcello Boldrini
Presidente ENI
ROMA
Egr.Sig.
dott. E. Cefis
Vice Presidente ENI
ROMA
Nei due anni e mezzo di attività svolta quale pilota presso il “Gruppo Aeromobili SNAM” ho presentato sia a voce che per iscritto numerose segnalazioni e molteplici rapporti tecnici riguardanti l’efficienza degli aerei.
Tali rapporti tecnici avevano l’unico e il solo scopo di migliorare l’efficienza degli aerei, portando a un normale livello la “sicurezza di volo” che ha sempre invece lasciato molto a desiderare e che è stata sempre notevolmente trascurata o addirittura ignorata pur … di raggiungere lo scopo di dichiarare efficienti le macchine che in ogni occasione “dovevano” essere pronte all’impiego e che secondo la mentalità imperante al “Gruppo Aeromobili” non dovevano essere fermate nemmeno per le necessarie manutenzioni che quasi sempre sono state eseguite a più riprese, ossia a “singhiozzo” fra un volo e l’altro, con tutte le pericolose evidenti conseguenze a cui può esporre tale sistema di lavoro.
La conseguente logica deduzione è che le persone preposte al delicato e tanto importante compito suddetto, dimostrando di possedere scarse qualità organizzative e ben poco senso di responsabilità non hanno voluto prendere in considerazione i rapporti di cui sopra (di cui lo scrivente conserva copia) per pura leggerezza e per motivi personali, quasi che tali persone anziché appartenere al campo tecnico fossero invece degli incompetenti all’oscuro di problemi aeronautici e dell’imprescindibile necessità di garantire sempre la massima “sicurezza del volo” mettendo gli aerei sociali nelle migliori condizioni per poter compiere, con la massima garanzia l’attività richiesta.
[…] mi limito, soltanto per uno scrupolo di coscienza, a ripetere qui di seguito il contenuto di alcune segnalazioni e di alcuni di quei rapporti tecnici a cui ho sopra accennato, nella fiducia che vengano finalmente presi quei provvedimenti che scongiureranno i gravi inconvenienti e accidenti che del resto io stesso previdi a suo tempo anche con la mia lettera raccomandata del 29 luglio 1961.
È chiaro che se non si trattasse esclusivamente di uno scrupolo di coscienza e del conseguente desiderio di scongiurare un grave e latente pericolo, non invierei la presente all’ENI ma alle competenti autorità del Ministero Aeronautica o del RAI, con risultati certo ben diversi. […]
Il giorno 15.10.60 in partenza da Linate, in condizioni meteo quasi proibitive e visibilità in pista di circa 60 metri, l’aeromobile I-ANIC, pochi istanti prima di entrare in pista per il decollo ha avuto l’avaria completa dell’unico orizzonte esistente a bordo.
È chiaro che se tale avaria si fosse verificata con un ritardo di due o tre minuti l’aereo si sarebbe trovato in volo in una situazione veramente pericolosa e ne sarebbe conseguito molto facilmente un grave incidente.
[…] Per quanto riguarda il M.S. 760 lo scrivente si limita a segnalare quanto segue:
il giorno 5 gennaio 1962 dopo un volo di rientro a Roma da Palermo lo scrivente ha segnalato una grave avaria avuta all’impianto radio per cui l’aereo rimase privo di tutte le indicazioni relative agli apparati “A.D.F.”.
In tale occasione lo scrivente fece nota con lettera datata 10 gennaio 1962 che a parte la grave avaria suddetta si rendeva assolutamente indispensabile dotare l’aereo di un secondo “inverter” perché per l’avaria dell’unico esistente a bordo (sempre possibile e per nulla improbabile) il pilota sarebbe rimasto privo non solo di parte degli impianti radio, ma cosa assai più grave e pericolosa, di vari strumenti di navigazione come già accaduto in un volo svoltosi fortunatamente in ottime condizioni meteorologiche tra Roma e Milano, al Com.te Bertuzzi.
È inutile insistere sulla gravità dell’inconveniente di cui sopra. L’istallazione di un secondo inverter comportava una spesa irrisoria e nessuna difficoltà di carattere tecnico.
Anche un profano e un incompetente di problemi aeronautici può facilmente intuire non l’utilità ma l’assoluta imprescindibile necessità che la richiesta suddetta venisse presa in seria considerazione e venissero immediatamente attuati i provvedimenti del caso per sopperire alla grave manchevolezza relativa agli impianti dell’aereo con conseguente diminuzione della “sicurezza del volo” come sopra provato, non è mai stata tenuta in conto presso il “Gruppo Aeromobili”.
Circa l’incidente gravissimo, occorso il 27 ottobre 1962 all’aereo I-SNAP lo scrivente non vuole e non può anticipare e trarre ora delle conclusioni essendo questo un compito della “Commissione d’Inchiesta”.
Sarebbe però di estrema gravità il fatto che le risultanze dell’inchiesta dimostrassero che il pilota, nelle particolari condizioni di volo in cui si trovava la sera dell’incidente, si sia trovato improvvisamente privo degli strumenti di navigazione, in seguito all’avaria dell’unico “inverter” esistente a bordo.
A prescindere comunque dalle cause che portarono all’incidente dell’I-SNAP è chiaro che il senso di responsabilità e la necessità di garantire la massima “sicurezza del volo” avrebbero a suo tempo indotto chiunque ad apportare all’impianto elettrico l’importante modifica di cui sopra richiesta a voce e per iscritto dallo scrivente (vedere lettera del 10 gennaio 1962).
Lo scrivente da molti mesi aveva deciso di dimettersi per molteplici motivi che è inutile enumerare ora, ma in particolare per le carenze riscontrate soprattutto nel campo tecnico riflettente gli aerei (manutenzioni e impianti di bordo).
Tale decisione era maturata anche in conseguenza del gravissimo fatto che lo scrivente aveva a suo tempo segnalato e provato con almeno sei o sette comunicazioni scritte, numerosi furti di carburante e altre gravissime mancanze disciplinari effettuate da un motorista dipendente e che (per motivi che è meglio sorvolare, ma che in ogni caso non sono accettabili da nessuna persona onesta e responsabile) il Reparto Volo, pur avendo constatato la piena responsabilità del proprio dipendente, non prese alcun provvedimento in merito, mettendo il denunciante in un’incresciosa, avvilente e penosa situazione di disagio nei confronti di detto motorista, che logicamente, sentendosi spalleggiato dai propri superiori ha avuto la possibilità non solo di continuare a compiere le suddette azioni disoneste ma di assumere nei confronti dello scrivente degli atteggiamenti veramente incresciosi ed offensivi. […]
Ora, che non faccio più parte del personale del Gruppo Aeromobili è fuor di dubbio che la decisione presa di far pervenire a chi di ragione la presente lettera è stata presa soltanto per uno scrupolo di coscienza e perché è mio avviso che debbano essere presi al più presto validi provvedimenti, se si vuole garantire la sicurezza del volo, a cui si è dato così poca importanza sino ad ora!
In mancanza di ciò non è affatto improbabile che debbano purtroppo verificarsi altri gravi incidenti, conseguenza logica del suaccennato stato di cose che ha tenuto per più di due anni lo scrivente in continua apprensione e in uno stato di allarme mai provato né in pace né in guerra, durante tutto il periodo di attività aerea (30 anni) svolto presso diverse compagnie aeree e nell’aeronautica militare.
Distinti ossequi.
Com.te Luigi Balletti – Via Ostriana
n.8 Roma tel.8310.331.[9]
L’opinione di Ermanno Bazzocchi sull’affidabilità del MS 760 e sul mistero di Bascapè
Il 20 gennaio 1996, sul Corriere della Sera, viene pubblicato un articolo firmato da Andrea Biglia dal titolo Enrico Mattei e Aiazzone vittime di aerei inadatti: nell’articolo si parla del “caso Mattei” e della nuova indagine riaperta dal PM Calia. Nell’articolo viene intervistato – in qualità di esperto aeronautico – Ermanno Bazzocchi. Bazzocchi, nell’intervista, esprime le sue perplessità sulla tesi dell’attentato sostenuta dall’indagine della Procura di Pavia.
La fine di Mattei uguale a quelle del re del mobile Aiazzone e di Ferruzzi, suocero di Raoul Gardini. Terrorismo internazionale? Macché. La ragione è di una tragica semplicità: tutti vittime di aeroplani poco raccomandabili in condizioni di scarsa visibilità. Piloti anche bravissimi ma spinti, pur di accontentare il “capo”, ad affrontare rotte impervie con strumentazioni modeste. Come sul bireattore Morane Saulnier 760 precipitato nel ‘62 nel Pavese”. A Pavia l’inchiesta Mattei, a 34 anni dalla tragedia, sembra avere imboccato la pista dell’attentato ribaltando la versione dell’incidente della prima sentenza. Ma l’ingegner Ermanno Bazzocchi di Varese, uno dei più famosi progettisti di aerei, nella commissione dei periti sul caso Ustica, e il “papà” dei MB 326 e dei MB 339 da addestramento, continua a non credere alla bomba. Un incidente, un dannatissimo incidente: “Purtroppo ancora oggi certi vip, trascinati da un aeroporto all’altro dalla frenetica attività, trascurano le norme di sicurezza. E pensare che Mattei aveva già ordinato un quadrigetto Lockheed, ben più equipaggiato. Lo ha preso poi l’industriale Krupp”. “Subito dopo la tragedia, racconta Bazzocchi, ne ho discusso con Giorgio Aldinio, direttore del Registro aeronautico e come tale primo nominato nella commissione d’inchiesta. Giungemmo alle stesse conclusioni. Ho volato anch’io su quel tipo di aeroplanetto: poco più di un apparecchio da turismo. Un minimo errore nel leggere le tre lancette dell’altimetro, una per le decine di piedi, un’altra per le migliaia e l’ultima per le decine di migliaia, con la scarsa visibilità per il maltempo e magari addosso lo stress di ore e ore di volo, ed è stata la fine. Di più: se non fosse stato di un uomo potente come Mattei il bireattore non sarebbe mai stato autorizzato al volo strumentale. Il Morane Saulnier 760 nasce nel ‘52 come aereo da addestramento per partecipare al concorso del ministero dell’Aeronautica francese vinto poi da un concorrente. In condizioni normali nessun problema. Ma con la poca visibilità e senza l’assistenza radar di oggi era indispensabile un copilota per controllare strumentazione, quota, collegamenti. Al momento della disgrazia il Morane era a circa un minuto e mezzo dall’ atterraggio. Senza la pioggia la pista dell’aeroporto si sarebbe vista, invece era tutto buio. Forse il pilota era sceso a quota troppo bassa, ha sfiorato le cime degli alberi e ha perso l’assetto. No, sapendo del maltempo, il bireattore non doveva partire”. Ma il pm di Pavia Vincenzo Calia, che ha ordinato nuove perizie sentendo testi che ricordano di un aereo esploso in cielo, pare deciso a seguire fino in fondo l’altra “verità”: un attentato […].[10]
Conclusioni
La testimonianza di Mattei nella quale egli lamentava la pessima affidabilità dell’aeromobile, non dimostra la tesi dell’incidente aereo e, dunque, non invalida la tesi dell’attentato sostenuta dalla recente indagine della Procura di Pavia condotta dal PM Vincenzo Calia.[11] Tuttavia, per chi vuole parteggiare per la tesi della fatalità dovuta per cause tecniche, le testimonianze che documentano le avarie occorse più volte al Morane-Saulnier 760 prima del 27 ottobre 1962, possono offrire interessanti spunti di riflessione: infatti – restando ovviamente nel regno delle ipotesi – si può pensare che quella tragica sera, un’avaria della strumentazione di bordo può aver contribuito a causare il disastro aereo di Bascapè.
[1] Archivio Storico dell’Aeronautica Militare, Relazione di inchiesta sull’incidente avvenuto il 27 ottobre 1962 in località Bascapè (Pavia), aeromobile M.S. 760 B, I – SNAP, fondo incidenti di volo velivoli civili 1962 n. 40 “caso Mattei”, p. 40.
[2] Procura della Repubblica presso il tribunale di Pavia, Vincenzo Calia, Richieste del Pubblico Ministero (ai sensi dell’art. 415 c.p.p.), Procedimento penale n.181/94 mod.44. Le indagini sono state svolte dai marescialli Enrico Guastini, Antonio Trancuccio e dall’appuntato Giovanni Pais, dei Carabinieri di Pavia, p. 3.
[3] Ivi, pp. 426-428.
[4] Cfr. GIANLUIGI GAZZEA, Gli aerei del cane a sei zampe, San Donato Milanese, ENI Servizi aerei, 2000.
[5] Cfr. ivi, p. 100.
[6] Ivi, pp. 100-103.
[7] Archivio Storico Istituto Luigi Sturzo, fondo Giulio Andreotti, busta 1173, fasc. indagini e inchieste sulla morte di Enrico Mattei, Dichiarazione del pilota dell’aereo presidenziale (con lettera di trasmissione del gen. Felice Santini).
[8] Le condizioni meteorologiche a Milano la sera del 27 di ottobre erano pessime: il bollettino meteorologico dell’aeroporto di Linate negli istanti che precedettero l’incidente riportava 8/8 di strati a 160 metri (copertura totale del cielo a quella quota), pioggia, nebbia e visibilità orizzontale generale di 600 metri. Erano condizioni ai limiti delle “minime” stabilite per gli avvicinamenti strumentali “ILS” a Linate (si vedano i bollettini meteo in Archivio Storico dell’Aeronautica Militare, Relazione di inchiesta sull’incidente avvenuto il 27 ottobre 1962 in località Bascapè (Pavia), aeromobile M.S. 760 B, I – SNAP, fondo incidenti di volo velivoli civili 1962 n. 40 “caso Mattei”, volume appendici, allegato 6°/I).
[9] Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pavia, Vincenzo Calia, op. cit., pp. 197-198 nota n. 695.
[10] ANDREA BIGLIA, Enrico Mattei e Aiazzone vittime di aerei inadatti, Corriere della Sera, 20/01/1996.
[11] Secondo il PM Calia, l’esplosione di una bomba sarebbe dimostrata da perizie frattografiche e metallografiche eseguite su uno strumento di bordo dell’aereo sul quale viaggiava Enrico Mattei (cfr. DONATO FIRRAO, The way the mistery of the Mattei’s case was solved, Politecnico di Torino, Dipartimento di scienza dei materiali e Ingegneria Chimica, 2010). Tali analisi hanno rilevato segni di esplosione. Tracce di esplosivo, invece, non sono state trovate, in quanto le analisi chimiche eseguite dal capitano Delogu sullo stesso reperto, hanno dato esito negativo (cfr. Procura della Repubblica presso il tribunale di Pavia, Vincenzo Calia, Richieste del Pubblico Ministero, op. cit., p. 112).

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