Il Dr. Calia nella sua inchiesta riporta diverse opinioni di personalità importanti appartenenti – soprattutto – al mondo della politica, che, a titolo personale, si sono espresse in merito alla morte di Enrico Mattei: ad accumunare queste testimonianze, è il fatto che tutte diano credito alla tesi dell’attentato. Fra le tante riportate, vi sono anche le opinioni di Giorgio Aldinio e di Amintore Fanfani.
Il Prof. Ing. Giorgio Aldinio, fu un professore di impianti aeronautici presso il Politecnico di Milano, e, inoltre, fece parte della Commissione Ministeriale di Inchiesta dell’Aeronautica Militare, che svolse – parallelamente all’indagine penale che venne avviata dalla Procura della Repubblica di Pavia – le indagini sul disastro aereo di Bascapè, avvenuto il 27 ottobre 1962.
Il Dr. Calia, nella sua relazione, riporta la testimonianza di un ex assistente del prof. Aldinio, ossia l’ingegner Alberto Notari. Notari, riferì al PM che all’epoca dell’incidente aereo nel quale perse la vita Enrico Mattei, ebbe modo di parlare delle indagini dell’Aeronautica Militare non ancora concluse con il prof. Aldinio. Stando a quanto riferito da Notari, Aldinio sembrava avere dei dubbi sulla tesi dell’incidente e, anzi, il professore, nonché membro della Commissione di Inchiesta, riteneva che il disastro aereo di Bascapè fosse dovuto ad un atto di sabotaggio.
Conoscevo molto bene il prof. Giorgio Aldinio, le cui caratteristiche salienti erano la grande capacità tecnica, la estrema prudenza nell’esprimere pareri e una certa riservatezza. Si trattava, in sostanza, di una persona che non parlava a vanvera. Rammento che non era stata ancora depositata la relazione della commissione d’inchiesta dell’incidente aereo nel quale aveva perso la vita il presidente dell’ENI, quando mi trovai a discorrere con il professor Aldinio sulla dinamica di tale incidente. Non ero stato io a introdurre l’argomento o a porre domande. Era stato lo stesso prof. Aldinio che, dopo aver accennato ad alcuni aspetti della vicenda, tra i quali la circostanza che i pioppi circostanti il luogo di caduta del velivolo erano sostanzialmente intatti, mi disse testualmente: «io sono convinto che non sia stato un incidente», per sottintendere che era stato un sabotaggio. Tale affermazione del prof. Aldinio mi sorprese, perché si trattava di una persona che non faceva affermazioni a vanvera. Non mi permisi di fare domande e di chiedere le ragioni per cui egli si diceva convinto che si fosse trattato di un fatto doloso. Mi meravigliò in seguito che i risultati della Commissione furono in contrasto con quanto il prof. Aldinio mi aveva anticipato.[1]
Il 20 gennaio 1996, sul Corriere della Sera, viene pubblicato un articolo firmato da Andrea Biglia dal titolo Enrico Mattei e Aiazzone vittime di aerei inadatti: nell’articolo si parla del “caso Mattei” e della nuova indagine riaperta dal PM Calia. Nell’articolo viene intervistato – in qualità di esperto aeronautico – Ermanno Bazzocchi. Bazzocchi, nell’intervista, esprime le sue perplessità sulla tesi dell’attentato sostenuta dall’indagine della Procura di Pavia, e, inoltre, aggiunge che ebbe modo di parlare del “caso Mattei” con Giorgio Aldinio. Bazzocchi sostiene che il prof. Aldinio era convinto che il disastro aereo di Bascapè fosse semplicemente una tragica fatalità.
La fine di Mattei uguale a quelle del re del mobile Aiazzone e di Ferruzzi, suocero di Raoul Gardini. Terrorismo internazionale? Macché. La ragione è di una tragica semplicità: tutti vittime di aeroplani poco raccomandabili in condizioni di scarsa visibilità. Piloti anche bravissimi ma spinti, pur di accontentare il “capo”, ad affrontare rotte impervie con strumentazioni modeste. Come sul bireattore Morane Saulnier 760 precipitato nel ‘62 nel Pavese”. A Pavia l’inchiesta Mattei, a 34 anni dalla tragedia, sembra avere imboccato la pista dell’attentato ribaltando la versione dell’incidente della prima sentenza. Ma l’ingegner Ermanno Bazzocchi di Varese, uno dei più famosi progettisti di aerei, nella commissione dei periti sul caso Ustica, e il “papà” dei MB 326 e dei MB 339 da addestramento, continua a non credere alla bomba. Un incidente, un dannatissimo incidente: “Purtroppo ancora oggi certi vip, trascinati da un aeroporto all’altro dalla frenetica attività, trascurano le norme di sicurezza. E pensare che Mattei aveva già ordinato un quadrigetto Lockheed, ben più equipaggiato. Lo ha preso poi l’industriale Krupp”. “Subito dopo la tragedia, racconta Bazzocchi, ne ho discusso con Giorgio Aldinio, direttore del Registro aeronautico e come tale primo nominato nella commissione d’inchiesta. Giungemmo alle stesse conclusioni. Ho volato anch’io su quel tipo di aeroplanetto: poco più di un apparecchio da turismo. Un minimo errore nel leggere le tre lancette dell’altimetro, una per le decine di piedi, un’altra per le migliaia e l’ultima per le decine di migliaia, con la scarsa visibilità per il maltempo e magari addosso lo stress di ore e ore di volo, ed è stata la fine. Di più: se non fosse stato di un uomo potente come Mattei il bireattore non sarebbe mai stato autorizzato al volo strumentale. Il Morane Saulnier 760 nasce nel ‘52 come aereo da addestramento per partecipare al concorso del ministero dell’Aeronautica francese vinto poi da un concorrente. In condizioni normali nessun problema. Ma con la poca visibilità e senza l’assistenza radar di oggi era indispensabile un copilota per controllare strumentazione, quota, collegamenti. Al momento della disgrazia il Morane era a circa un minuto e mezzo dall’ atterraggio. Senza la pioggia la pista dell’aeroporto si sarebbe vista, invece era tutto buio. Forse il pilota era sceso a quota troppo bassa, ha sfiorato le cime degli alberi e ha perso l’assetto. No, sapendo del maltempo, il bireattore non doveva partire”. Ma il pm di Pavia Vincenzo Calia, che ha ordinato nuove perizie sentendo testi che ricordano di un aereo esploso in cielo, pare deciso a seguire fino in fondo l’altra “verità”: un attentato […].[2]
Il prof. Ing. Giorgio Aldinio era deceduto quando il Dr. Calia svolse le sue indagini sulla morte di Enrico Mattei. Dato che l’opinione del professore in merito alla sciagura di Bascapè è stata tramandata da altre persone che riferiscono di avere avuto con lui un colloquio nel quale si discuteva sulle cause che portarono alla caduta dell’I-SNAP, non è possibile sapere con certezza se l’ing. Aldinio fosse davvero convinto della tesi dell’attentato o dell’incidente. Due testimoni riferiscono fatti contrastanti, e cioè: Alberto Notari sostiene che il professore era convinto che la morte di Mattei fosse dovuta a un attentato; Ermanno Bazzocchi, invece, riferisce che Giorgio Aldinio era in accordo con la tesi dell’incidente aereo dovuto a cause tecniche. Ad ogni modo, se il prof. Aldinio fosse stato contrario alle conclusioni della Commissione Ministeriale di Inchiesta, avrebbe potuto mettere per iscritto il suo dissenso: infatti – come spiega Antonio Bordoni esperto di sicurezza del volo[3] – nel momento in cui una commissione di inchiesta termina le investigazioni su un disastro aereo, se un componente della commissione non è d’accordo con le conclusioni raggiunte, tale dissenso può essere ufficializzato. Nel caso del disastro aereo nel quale perse la vita Mattei, nessuno dei componenti della Commissione prese ufficialmente le distanze dalle conclusioni raggiunte.
Nella relazione di Calia non c’è nessuna traccia dell’articolo firmato da Andrea Biglia pubblicato sul Corriere della Sera nel gennaio ‘96, nel quale viene riferito che Giorgio Aldinio era convinto che il Morane – Saulnier 760 sul quale viaggiava Mattei fosse precipitato a causa di una semplice fatalità. Il PM, prendendo per buona la testimonianza di Alberto Notari e ignorando quella di Ermanno Bazzocchi, attribuisce a Giorgio Aldinio la presa di distanza dalle conclusioni raggiunte dalla Commissione Ministeriale di Inchiesta. Il Magistrato sembra avere la certezza che il prof. Aldinio fosse convinto della tesi del sabotaggio, tanto che nella sua relazione include Giorgio Aldinio in un elenco di personalità importanti che a vario titolo hanno sostenuto che Enrico Mattei fu vittima di un attentato.
Anche nel caso di Amintore Fanfani il Pubblico Ministero sembra attribuire con assoluta certezza al noto politico aretino la convinzione che Enrico Mattei sia rimasto vittima di un attentato. L’inquirente riporta un discorso pronunciato da Fanfani a Salsomaggiore al settimo congresso dell’Associazione partigiani cristiani. In questo congresso – dove venne anche commemorata la figura di Mattei – l’importante esponente della Democrazia Cristiana pare abbia pronunciato questo discorso:
Forse l’abbattimento dell’aereo di Enrico Mattei più di vent’anni fa è stato il gesto terroristico nel nostro Paese, il primo atto della piaga che ci perseguita.[4]
L’unica fonte dalla quale il Dr. Calia ha tratto questo (presunto) discorso di Fanfani, è un articolo del quotidiano “Il resto del Carlino”[5] che, a sua volta, venne riportato dal prof. Nico Perrone in una sua pubblicazione dal titolo “La morte necessaria di Enrico Mattei”.[6] Il discorso di Fanfani viene riportato in maniera differente da altre fonti giornalistiche ignorate dal Magistrato. In un articolo del quotidiano “Il Giorno” l’intervento di Fanfani viene riportato in termini più sobri:
[…] Il ritorno alle radici, nelle parole di Fanfani, porta a rievocare la figura di Enrico Mattei, il leader dei ribelli per amore, storicamente perno centrale della nostra azione di volontari della libertà come ha detto Ferrari Aggradi. E anche il fondatore dell’ENI, il presidente del Senato cita ancora Dossetti che gli disse: mi raccomando, aiuta Mattei. Mattei fautore di pace. E Fanfani ricorda, ora che si esamina trent’anni dopo il drammatico 1956 dei fatti d’Ungheria e di Suez, il ruolo di Mattei per ottenere disponibilità da parte di Nasser, il rais egiziano, verso l’Italia e i Paesi europei una volta superata la crisi. E anche la sua azione per sottrarre gli arabi a mille tentazioni fu azione di pace. Chi studia il terrorismo potrebbe porsi, tra le ipotesi sulla caduta dell’aereo di Mattei, anche la domanda se quello non sia stato il primo atto di terrorismo.[7]
“Chi studia il terrorismo potrebbe porsi, tra le ipotesi sulla caduta dell’aereo di Mattei, anche la domanda se quello non sia stato il primo atto di terrorismo”, diceva in questo caso Fanfani, e non “forse l’abbattimento dell’aereo di Enrico Mattei più di vent’anni fa è stato il gesto terroristico nel nostro Paese, il primo atto della piaga che ci perseguita”. Dunque, il politico – stando a una diversa fonte – non afferma che la morte di Mattei è stato il primo gesto terroristico, ma sembra solo suggerire agli storici che studiano il terrorismo, di porsi la domanda – in ambito di una eventuale indagine in campo storiografico – se la caduta dell’aereo di Mattei possa essersi trattato di un atto terroristico. Non è possibile – comunque – sapere con certezza in quali termini si espresse Fanfani in merito alla morte di Mattei, dato che non sembra esistere una copia originale del suo discorso al congresso di Salsomaggiore.
[1] Procura della Repubblica presso il tribunale di Pavia, Vincenzo Calia, Richieste del Pubblico Ministero (ai sensi dell’art. 415 c.p.p.), Procedimento penale n.181/94 mod.44. Le indagini sono state svolte dai marescialli Enrico Guastini, Antonio Trancuccio e dall’appuntato Giovanni Pais, dei Carabinieri di Pavia, p. 143.
[2] ANDREA BIGLIA, Enrico Mattei e Aiazzone vittime di aerei inadatti, Corriere della Sera, 20/01/1996.
[3] Cfr. intervista a Antonio Bordoni in Il giallo Enrico Mattei: chi uccise il fondatore dell’Eni? Reperibile al seguente link: https://www.youtube.com/watch?v=DNyRug-Fc14.
[4] Il Resto del Carlino, 26 ottobre 1986, Mattei vittima del terrorismo – lo ha ricordato Fanfani a Salsomaggiore.
[5] Cfr. Procura della Repubblica presso il tribunale di Pavia, Vincenzo Calia, Richieste del Pubblico Ministero, op. cit., p. 168.
[6] NICO PERRONE, La morte necessaria di Enrico Mattei, Viterbo, Millelire Stampa Alternativa, 1993.
[7] ACHILLE LEGA, Ribelli per amore, e lo ricordano ancora, Il Giorno, 26 ottobre 1986.

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