Introduzione

   Marino Loretti è stato un motorista e pilota di aerei che ha lavorato tra gli anni Cinquanta e Sessanta per la Società Nazionale Metanodotti (SNAM), azienda che apparteneva al gruppo ENI e alla quale erano intestati gli aeromobili di proprietà dell’ente petrolifero di Stato. Loretti è legato in modo particolare al “caso Mattei”, in quanto il personaggio compare nelle inchieste giudiziarie che hanno cercato di fare luce sul disastro aereo nel quale morì Enrico Mattei, e, in particolare, compare nell’inchiesta del Pubblico Ministero Vincenzo Calia, nel contesto dell’episodio “del cacciavite”, ossia il presunto primo attentato occorso al Morane – Saulnier 760 I-SNAP, cioè l’aereo del presidente dell’ENI. Loretti morì il 14 agosto 1969 insieme a suo figlio, Irnerio Loretti, in un disastro aviatorio.

L’episodio “del cacciavite”

   Alle ore 16.20 del 6 gennaio 1962, presso l’aeroporto dell’Urbe, il Morane – Saulnier 760 I-SNAP venne avviato per un volo di prova, quando l’aereo, all’improvviso, espulse un cacciavite dal reattore sinistro. Questo episodio, venne interpretato in modo particolare dalla stampa, sia in quel momento che dopo la scomparsa di Enrico Mattei, avvenuta il 27 ottobre 1962.[1]

   Il Corriere della Sera, diffuse la notizia secondo la quale l’Ingegner Mattei aveva dovuto annullare la sua partenza per il Marocco, dove avrebbe dovuto recarsi per inaugurare, insieme al Presidente del Consiglio Fanfani, una raffineria a Mohammedia. La visita di Mattei in Marocco venne cancellata, in quanto venne ritrovato un cacciavite in uno dei due reattori dell’aereo del presidente.[2] Tale attrezzo, secondo le voci diffuse dalla stampa, avrebbe potuto danneggiare il reattore dell’aereo fino a provocarne l’esplosione.[3] Nacque così il sospetto che l’episodio avrebbe potuto essere un tentativo di sabotaggio all’aereo personale di Mattei; un tentativo di sabotaggio messo in atto dall’Organisation armée secrète (OAS).

   L’interpretazione in chiave di “sabotaggio” di questo episodio, ebbe vasta diffusione anche dopo la morte di Enrico Mattei. Fulvio Bellini, tra il marzo e l’aprile 1963, pubblicò un’inchiesta in tre puntate sulla rivista “Secolo XX” intitolata “Enrico Mattei è stato assassinato”. L’autore dell’inchiesta, a proposito dell’episodio del cacciavite, scrisse che tale arnese per la manutenzione venne fissato con del nastro adesivo all’interno di uno dei due reattori dell’aereo da alcuni sicari dell’OAS. Gli attentatori, secondo l’articolista, avevano calcolato che il giravite, dopo che l’aereo si fosse alzato in volo, questo si sarebbe staccato in qualche modo, e sarebbe finito all’interno del motore provocandone l’esplosione. Bellini scrive:

   Il bireattore si era appena staccato dal suolo, quando dei rumori sospetti indussero il pilota ad atterrare immediatamente per rendersi conto di ciò che succedeva. Smontati i due reattori, in uno di essi si trovò un cacciavite tenuto fermo con strisce di nastro adesivo. I sabotatori avevano calcolato che il cacciavite, a causa delle forti vibrazioni del reattore, si sarebbe staccato dalla parete ove era stato fissato, determinando la sicura esplosione dell’aereo. In sede di commissione di inchiesta, poi, sarebbe stato difficile dedurre che si era trattato di un atto doloso; anche l’eventuale ritrovamento di un cacciavite in pezzi avrebbe fatto pensare, semmai, alla distrazione di qualche tecnico addetto alla manutenzione. Il primo tentativo di sabotaggio dell’OAS era così abortito […].[4]

   La tesi dell’attentato di matrice OAS ha avuto una forte risonanza, e compare anche in pubblicazioni recenti[5] e in opere cinematografiche, come, ad esempio, nel film del 2009 di Giorgio Capitani, “Enrico Mattei. L’uomo che guardava al futuro”. In una scena, la guardia del corpo di Mattei – interpretata dall’attore Simone Montedoro – impedisce all’aereo con a bordo Mattei di decollare, allorquando si accorge di uno strano rumore; viene mostrato un giravite fissato con del nastro adesivo.

   In realtà, già all’epoca dei fatti, le indagini del SIFAR, del colonnello Allavena e del Maggiore De Forcellinis, esclusero che si fosse trattato di un atto di sabotaggio ad opera dei militanti dell’OAS, e attribuirono l’accaduto ad un caso di trascuratezza di qualche dipendente SNAM che si occupava della manutenzione dell’aereo. Non si riuscì mai a stabilire chi avesse lasciato per errore l’attrezzo nel reattore dell’aereo, ma i sospetti ricaddero su Marino Loretti e sul pilota Luigi Balletti. Entrambi vennero richiamati e allontanati; in particolare Loretti venne mandato in Marocco per un periodo di tempo.[6]

   Tuttavia, l’episodio fu semplicemente un banale incidente, e il giravite, lasciato per una dimenticanza di qualche motorista, non avrebbe mai potuto comportare un serio pericolo per l’aereo. A confermare ciò fu Ferdinando Bignardi, uno dei piloti che all’epoca lavoravano per l’ENI. Dopo la morte di Enrico Mattei, il PM della procura di Pavia Edgardo Santachiara, titolare della prima inchiesta sulla morte del presidente dell’ENI, interrogò Bignardi sull’episodio del cacciavite. Bignardi ebbe a dire:

    Effettivamente a me personalmente, nei primi di gennaio 62, consta che un cacciavite era stato lasciato nella presa d’aria del motore riunito dell’aereo. Si tratta però di un fatto puramente accidentale a mio avviso, cioè della dimenticanza di un meccanico che aveva partecipato all’ultima ispezione periodica. Io dovevo provare l’aereo dopo l’ispezione ma, essendo arrivato il mio collega Matteuzzi salì a bordo per effettuare lui la prova. Fu così che la turbina, appena avviata, espulse il cacciavite. Preciso che la collocazione del cacciavite non poteva portare a conseguenze diverse, da un punto di vista del pericolo, da quelle prodotte. Infatti l’aereo non si sarebbe potuto mai levare in volo senza che il pilota si accorgesse del corpo estraneo. Quel giorno ci doveva essere solo il volo di prova. Mattei avrebbe dovuto volare il giorno dopo.[7]

   Per quanto riguarda l’episodio “del cacciavite” Il PM Calia, nella sua indagine, accetta la tesi che tale evento non sia stato un atto di sabotaggio da parte dei militanti dell’OAS. Il Magistrato offre un’altra interpretazione all’accaduto, e, cioè, che qualcuno – forse il pilota Luigi Balletti – abbia potuto lasciare il giravite nel reattore dell’aereo intenzionalmente, in modo tale da far ricadere la colpa su Marino Loretti, affinché quest’ultimo venisse allontanato dalla manutenzione dell’I-SNAP. La tesi di Calia vuole che Loretti, essendo stato un intimo amico del pilota Irnerio Bertuzzi, e godendo della piena fiducia dei suoi superiori, e cioè di Mattei, se fosse rimasto il motorista dell’I-SNAP, Loretti avrebbe potuto essere un potenziale ostacolo per i presunti attentatori del 26 – 27 ottobre 1962, in quanto il motorista era solito – secondo Calia – esercitare una attenta sorveglianza sull’aereo del presidente.[8]

Luigi Balletti e Marino Loretti

   Tra Luigi Balletti e Marino Loretti non c’era un buon rapporto. A confermare questo fatto, è una lunga deposizione del Com.te Balletti rilasciata agli inquirenti che svolsero le indagini sull’episodio del cacciavite. Loretti viene descritto da Balletti in modo molto negativo: stando alla deposizione del Com.te, il motorista sembra essere un individuo poco affidabile; che spesso si lascia andare alla maldicenza nei confronti dei suoi colleghi, compreso Irnerio Bertuzzi, grazie al quale Loretti ha ottenuto il posto di lavoro alla SNAM; è inadempiente sul lavoro, tanto da effettuare in modo superficiale i lavori di manutenzione sugli aerei del gruppo aziendale; si sarebbe reso autore di furti di notevoli quantità di carburante.

   Il 1° gennaio 1962, il Com.te Bertuzzi prima della sua partenza per l’America è venuto al mio domicilio per pregarmi, nonostante i gravi trascorsi del Loretti, di volerlo ancora una volta scusare, e mi ha inoltre pregato, qualora venisse interpellato in merito della SNAM, di intercedere presso chi di ragione in favore del Loretti, cercando di attenuare le colpe e le mancanze già segnalate allo scopo di far possibilmente annullare il provvedimento di licenziamento che sembrava imminente. Risposi al Bertuzzi che nonostante le gravi mancanze commesse dal Loretti che da più mesi mi aveva persino tolto il saluto, e nonostante il suo comportamento offensivo, non nutrivo alcuna animosità verso il Loretti stesso e che in nome dell’amicizia che nutrivo per lui (il Bertuzzi) mi sarei adoperato per soddisfare la sua richiesta. Il due e il tre gennaio, trovandomi all’aeroporto dell’Urbe, presente l’Ing. Muran, chiamato il Loretti gli riferii il colloquio avuto col Bertuzzi e gli confermai che solo per un riguardo verso i suoi famigliari, perché lui personalmente non si sarebbe meritato alcuno aiuto, avrei cercato, se interpellato, di attenuare per quanto possibile le sue colpe e le sue gravi mancanze. Dopo il breve colloquio mi illusi che la situazione di disagio esistente col Loretti da molti mesi si sarebbe normalizzata ma dopo pochi giorni ho ancora una volta avuto la riprova e la conferma del carattere infido e falso del Loretti, il quale essendo privo di ogni sentimento di riconoscenza e di generosità ha imperniato il suo agire, come ha sempre fatto, sulla maldicenza, sulla malignità e sulla diffamazione. Ciò è noto a tutti e tutti gli appartenenti al reparto volo SNAM lo possono confermare. A seguito dei gravi avvenimenti di questi ultimi giorni e delle gravissime accuse che per scagionare se stesso il Loretti ha cercato di addossare prima un poco su tutti, poi esplicitamente su di me, non mi sento più legato alle promesse fatte al collega Bertuzzi e ho deciso di esporre chiaramente fatti e situazioni, convalidandoli con testimonianze e documenti per cui sarà facile provare la colpa del Loretti in molteplici occasioni e nei fatti del 6 gennaio 1962 circa l’incidente occorso all’aereo I-SNAP. Sotto una certa crosta di pseudo educazione e di comportamento che può sembrare rispettoso, il Loretti cerca di nascondere un cumulo di qualità negative, un viscido servilismo che molti possono inizialmente confondere con rispettosa considerazione, totale falsità di carattere, una notevole abilità per svisare fatti e circostanze cercando di trarne vantaggio a scapito del suo prossimo, necessità giornaliera di denigrare qualcuno. Tutti possono confermare quanto sopra e in particolare i Com.ti Scapinelli e Bignardi che hanno inoltrato alla SNAM rapporti molto gravi a carico suo, non potendo più continuare a sopportare il comportamento del Loretti. Le due guardie giurate Miluzzi e Drago possono a loro volta confermare come il Loretti abbia per abitudine a sparlare di tutti. Con me è giunto al punto, fra l’altro di fare affermazioni disonorevoli persino su una stretta parente di un’alta personalità dell’ENI.

   Proprio del Com.te Bertuzzi per il quale dovrebbe avere se non altro una profonda riconoscenza avendo vissuto al suo fianco durante un lungo periodo di guerra e avendo ottenuto per mezzo suo un ottimo posto alla SNAM, proprio di lui ha detto le cose più infamanti e disonorevoli non soltanto con me ma anche con altri e in particolare col Com.te Bignardi, il quale per una somma di motivi, per gravi mancanze commesse in servizi e nei suoi confronti, ha dovuto alla fine inoltrare un grave rapporto scritto a suo carico. Ho invitato più volte (e con me il Bertuzzi), ho ripetutamente invitato il Loretti a finirla con le maldicenze, col pettegolezzo, con le volgari insinuazioni, ma nemmeno la ripetuta minaccia che così continuando sarei stato costretto a riferire al Bertuzzi quando il Loretti andava dicendo di lui, nemmeno tale minaccia è servita a qualcosa, tanto che fui costretto e mettere il Bertuzzi al corrente di come stavano le cose. Da qui la profonda avversione del Loretti contro di me, aggravata dal fatto che per mio dovere di conoscenza e per i miei doveri di lavoro ho inoltrato alla SNAM numerosi rapporti per sottrazione di notevoli quantità di carburante nonché per le sue gravissime carenze sul lavoro […].

Essendo il Loretti motorista del Com.te Bertuzzi (pilota personale dell’On. Mattei) ha creduto di essere in una posizione di assoluto privilegio, per cui più di una volta ha minacciato di “mettere le cose a posto” riferendo all’On. Mattei chissà quali mancanze o soprusi degli altri. Quando lo ha fatto (perché ha avuto lunghi periodi di completo assenteismo) ha sempre compiuto il suo lavoro, empiricamente, con trascuratezza, rinviando sempre all’ultimo momento ogni lavoro e incombenze […]. Per citare solo l’ultima e recentissima grave mancanza del Loretti dichiaro che il giorno 7.1.1962 mi ha consegnato presente il pilota Gianviti l’aereo I-ANIC dichiarandomi esplicitamente che era stato rifornito di carburante e olio, mentre giungendo a Milano ho riscontrato mancavano, nei due serbatoi, rispettivamente 7 e 11 litri di olio. Al mio rientro da Belluno con l’On. Mattei, gli ho contestato la cosa e il Loretti con la massima naturalezza mi ha risposto di aver effettuato il cambio dell’olio, ma di essersi dimenticato, dopo la prova a terra, di rimboccare i serbatoi per completare il rifornimento, una parte del quale era servito per riempire l’impianto di circolazione. Tale dimenticanza non può essere fatta nemmeno da un qualunque […]. Al fatto era presente il pilota Gianviti e il Sig. Paglia ed è stato segnalato all’ing. Muran. I motoristi Mazzi e Gasparotto per loro stessa ammissione hanno logicamente sempre cercato di non effettuare lavori in comune col Loretti perché più di una volta i guasti avvenuti magari su impianti che non erano stati nemmeno toccati, sono stati dal Loretti addebitati a loro, soltanto perché lo avevano aiutato nel lavoro in altre parti dell’aereo. Ogni occasione è sempre stata da lui colta per denigrare chi gli è stato vicino. Il Loretti è stato escluso dal corso in America sul nuovo reattore e al suo posto è stato inviato altro motorista assegnato alla SNAM da quattro o cinque mesi soltanto. Tale fatto ha indispettito enormemente il Loretti […].[9]

È difficile – comunque – definire con chiarezza i rapporti tra i piloti che appartenevano a quel tempo al gruppo aeromobili della SNAM. Un carteggio tra Balletti e Bertuzzi, fa emergere che anche fra i due piloti potevano esserci degli attriti. Pare che Bertuzzi accusò Balletti di avergli rivolto delle accuse diffamatorie sul suo conto, come l’aver commesso dei furti e di aver fatto del contrabbando con gli aerei aziendali.

   Rispondo con la presente alle accuse avanzate dal Comandante Balletti, nei miei confronti:

è vero che ho fatto più volte scaricare carburante a Dobbiaco: la cosa era dovuta a esigenze di carattere tecnico (campo pesante o eccesso di carico utile al decollo).

L’operazione, comunque è stata annotata sui documenti di volo in mano alla società, come sono annotati i rifornimenti fatti, per successive esigenze, con la benzina scaricata.

I tempi di volo, dei voli effettuati da me, sono di media inferiori a quelli degli altri piloti; il consumo medio di carburante nei voli del sottoscritto è di litri 131 l’ora, contro litri 160 degli altri piloti.

È vero che ho fatto contrabbando con gli aerei aziendali: infatti ho trasportato decine di milioni di attrezzature e parti di ricambio dall’Inghilterra e dalla Francia; ultimamente, dagli Stati Uniti ho contrabbandato parti di ricambio per oltre 30.000 $ USA.

   Tutto ciò sempre in accordo con la mia direzione.

(Com.te Irnerio Bertuzzi).[10]

Luigi Balletti, in due raccomandate del 1° e del 5 maggio 1962 indirizzate a Bertuzzi, tentò di dare una spiegazione alle accuse che egli avrebbe rivolto al collega.

   Balletti spiegò – dal canto suo – che le accuse di furto di carburante e di contrabbando con gli aerei aziendali, gli sarebbero state attribuite per errore da un colonnello che svolse, insieme ad altri, le indagini volte a fare chiarezza sull’episodio del cacciavite. Secondo Balletti, le accuse che gli sono state attribuite appartengono, in realtà, a Loretti, e, il colonello, confondendo i cognomi somiglianti dei due, avrebbe riferito a Enrico Mattei che Bertuzzi – dietro le accuse di Balletti – avrebbe commesso, sul lavoro, le suddette scorrettezze.   

   Caro Irnerio –

Nel nostro breve colloquio del giorno 30 aprile, mi hai chiaramente e ripetutamente affermato che l’On. Mattei ti ha dichiarato che in occasione degli interrogatori fatti dalla Polizia per la nota inchiesta relativa all’I-SNAP, nella mia deposizione io avrei fatto affermazioni sul tuo conto relative ad atti disonesti da te compiuti e precisamente: furti, contrabbandi, ecc.

   Non metto in dubbio che l’On. Mattei ti abbia detto quanto tu mi hai riferito, ma tengo a garantirti che evidentemente l’onorevole è stato male informato.

   Tengo a dichiararti nel modo più esplicito e chiaro e senza tema di smentita alcuna da parte di chichessia, che mai, né all’autorità inquirente né ad altre persone ho fatto sul tuo conto le dichiarazioni che mi si addebitano né altre che, sia pur vagamente, abbiano potuto far sorgere dubbi o sospetti di qualsiasi genere su di te.

   In piena coscienza posso affermare che non solo non mi risulta nulla di simile sul tuo conto, ma ti posso garantire che anche in caso contrario, mai e per nessun motivo, avrei fatto una simile delazione, perché la stima, l’amicizia e il riconoscente affetto che mi legano a te mi avrebbero spinto se mai a trovare (se ce ne fosse bisogno) tutte le possibili attenuanti e difese in tuo favore e mai avrei agito nel modo indegno che mi si addebita.

   Ritengo (per ora) che l’accaduto sia spiegabile solo in un modo: tutta l’inchiesta e gli interrogatori circa l’I-SNAP sono stati svolti da un tenete e da due sottoufficiali della polizia. Le conclusioni dell’inchiesta sono state invece riferite all’On. Mattei da un Colonello che solo una volta (il primo giorno dell’inchiesta) è venuto all’Urbe e ha parlato per pochi istanti con alcuni di noi.

   Penso che detto Colonello (di cui per ora non so nemmeno il nome) riferendo all’On. Mattei le risultanze dell’inchiesta, abbia evidentemente, forse per la somiglianza, confuso il mio nome con quello del Loretti, attribuendomi la paternità di affermazioni che ripeto, sotto il vincolo della mia parola d’onore, io non ho mai fatto con alcuno.

   Costi quello che costi, e qualsiasi possano essere le conseguenze di quanto farò nei prossimi giorni è mio dovere nei miei e nei tuoi confronti di adoprarmi in tutti i modi per ristabilire la verità e per dimostrarti che io non ho alcuna responsabilità degli addebiti fattimi, di quanto è accaduto e della reazione che l’Onorevole ha avuto nei tuoi confronti che posso giustificare come ripeto, solo con un errare di nome fatto dal colonnello che ha dato il resoconto finale dell’inchiesta.

   Ogni parola che è stata pronunciata durante gli interrogatori è stata messa a verbale e a conferma delle mie asserzioni esiste del resto la mia deposizione di cui tu hai copia, comunque farò in modo di essere ricevuto insieme a te al più presto dal Colonnello di cui sopra per chiarire questo increscioso e doloroso “qui pro quo”. Dopo di che logicamente sarà mia cura chiarire i fatti con l’On. Mattei perché non gli restino dubbi di nessun genere né sul tuo né sul mio conto.

   Tu mi hai anche affermato che molte persone, fra cui i Sigg. Moschetto, Pacchetti, Gandolfi, Bignardi, Muran e molti altri hanno logicamente commentato in modo sfavorevole per me quello che sarebbe stato il mio comportamento davvero riprovevole nei tuoi confronti e sotto ogni aspetto.

   Non dubito che con dette persone e con tutte le altre che sono al corrente della cosa, non appena io sarò riuscito a ristabilire la verità dei fatti (e ti assicuro che ci riuscirò al più presto) ti adopererai per scagionarmi da una accusa che non solo è infondata ma ritengo addirittura infamante.

   È mio diritto il farlo e sono certo di poter al più presto dimostrarti la verità, che ripeto, è soltanto una, ossia quella sopra esposta.

   Ho la coscienza perfettamente a posto e tranquilla, non temo confronti o smentite di sorta, e mi tengo a tua completa disposizione per qualunque cosa tu mi chieda di fare.

   Mi spiace che motivi di lavoro non ci abbiano fatto incontrare prima e che per quasi due mesi si sia vissuti in una situazione del genere. Sono certo che nel tuo e nel mio interesse mi vorrai aiutare per dimostrarti la mia onestà e la mia correttezza e la stima e l’amicizia sincera e incondizionata che nutro per te.

Roma 1° maggio 1962.[11]

Caro Bertuzzi –

   Faccio seguito alla mia raccomandata del 1° maggio che ti confermo in ogni sua parte e che ti ho inviato in via Tevere 50 lasciandotene anche copia a Ciampino.

   Ieri 4 maggio alle ore 10,30 mi sono incontrato con il Colonello dei Carabinieri che a suo tempo svolse le indagini relative all’I-SNAP e l’ho invitato a chiarirmi e specificarmi quali sarebbero le accuse che, a tuo dire, io ti avrei fatto e che da lui riferite all’On. Mattei sarebbero la causa diretta, come tu mi hai asserito, del risentimento nei tuoi confronti dell’Onorevole stesso e dei provvedimenti da Lui presi a tuo carico ivi compresa la sospensione del lavoro relativo al trasporto aereo del “GIORNO” che a suo tempo ti era stato affidato.

   Il predetto Colonnello, presente il Suo segretario Sig. Lombardo, non solo ha negato categoricamente di aver riferito all’Onorevole tali mie “ipotetiche” delazioni, (in quanto inesistenti) ma si è offerto spontaneamente di recarsi dall’Onorevole Mattei (cosa che farà entro due o tre giorni) per confermargli che io, mai, in nessuna occasione, né con lui né con altri, né a voce, né per iscritto, mai, ripeto, ho pronunciato la benché minima frase che potesse far sorgere il più piccolo dubbio a carico tuo, della tua onestà e della tua correttezza.

   Il colonnello suddetto è pronto a confermarti in qualsiasi momento quanto sopra e ti invito vivamente a recarti da lui per averne la conferma. Potrai così convincerti meglio che io non sono (e del resto tu lo sai bene) né un chiacchierone, né un pettegolo, né un arrivista né tantomeno un disonesto.

   Il Colonnello in parola mi ha asserito che tu invece conosci molto bene i motivi che hanno indotto l’Onorevole Mattei a prendere i noti provvedimenti a tuo carico. Tali motivi che sarebbe assurdo e disonesto attribuire a me si riferiscono almeno in parte a fatti avvenuti in ambiente estraneo alla SNAM e all’ENI pur essendo avvenuti all’Urbe, il cui Direttore è stato addirittura allontanato dall’ambiente aeronautico.

   Tutto ciò a me non interessa in alcun modo: tu sai che non mi sono mai interessato dei fatti altrui.

   Mi interessa invece darti la inoppugnabile prova che, contrariamente alla tua precisa accusa mossami nel nostro colloquio del 30 aprile, mai e in alcun modo ho cercato di nuocerti e di “scalzarti” come tu mi hai detto.

   Non so davvero perché avrei dovuto fare un tentativo del genere: il mio lavoro è ottimo, mi soddisfa pienamente, e a prescindere da altre considerazioni, “scalzandoti” come tu mi hai accusato apertamente di aver tentato di fare, avrei nuociuto più a me che a te.

   Come tu stesso mi hai asserito, molte persone (che in parte hai elencato) sono al corrente di quanto da te erroneamente attribuitomi e (non conoscendo esse la verità dei fatti) mi hanno giudicato in base all’azione veramente riprovevole che io avrei compiuto.

   Tu stesso riconoscerai il mio giusto diritto di difendermi e di dimostrare loro come realmente stanno le cose e non dubito inoltre che dopo le prove a tua disposizione, la tua correttezza e onestà ti faranno agire in modo tale da cancellare in chiunque qualsiasi sospetto sul mio conto.

   Ti ringrazio e ti invio molti saluti.

Roma 5 maggio 1962.[12]    

La morte di Marino Loretti

   Marino Loretti, dopo essere rientrato in Italia dal Marocco, si dimise dalla SNAM il 2 gennaio 1963.

   Morì insieme a suo figlio, Irnerio Loretti, il 14 agosto 1969 in un disastro aviatorio avvenuto in località Sassone Acquacetosa di Marino, vicino Roma. Loretti era decollato dall’aeroporto di Ciampino con un De Havilland 104 Dove marche I-TURI (già I-SNAM, in quanto era un aereo appartenuto in precedenza al gruppo ENI), ed era diretto all’aeroporto dell’Urbe dove l’aereo aveva la sua base. Poco dopo che il velivolo si era alzato in volo, questo si schiantò sul terreno; il violento impatto provocò la morte di entrambi gli occupanti dell’aeromobile.[13]

   Ad indagare sul disastro aereo, venne nominata una commissione di inchiesta dell’Aeronautica Militare; al termine delle indagini, la commissione giunse a queste conclusioni:

 Dall’esame delle evidenze risultanti dal paragrafo precedente, tenuto conto dell’esito favorevole degli accertamenti tecnici compiuti, delle testimonianze raccolte e dello svolgimento dell’ultima parte del volo, considerato il breve lasso di tempo a disposizione del pilota tra l’insorgere dell’emergenza e l’impatto, si possono formulare le seguenti ipotesi:

  1. È presumibile che la messa a bandiera del motore destro si sia resa necessaria per mancata alimentazione;
  2. È presumibile che, all’inizio della virata per rientrare in campo, anche il motore di sinistra si sia venuto a trovare senza alimentazione, il che ha provocato, in assetto critico, l’innesco di uno stallo e quindi il velivolo è precipitato al suolo.

   Le ipotesi formulate sono avvalorate dal fatto che il pilota, durante tutta la fase del volo, non ha mai preso in considerazione la possibilità di un atterraggio di emergenza, sfruttando un vicino terreno favorevole ben visibile dalle fotografie aeree della zona.

   CONCLUSIONI:

   La Commissione d’inchiesta ritiene di poter concludere che l’incidente è imputabile ad uno stallo involontario, occorso nel tentativo del pilota di riportare il velivolo in campo.

CAUSA PROBABILE DELL’INCIDENTE:

   Mancata alimentazione dei motori per mancanza di carburante: il pilota ha evidentemente stimato che il carburante presente nei serbatoi, sarebbe stato sufficiente per il rientro all’aeroporto dell’Urbe.[14]

Dunque, l’aereo è precipitato a seguito della piantata di entrambi i motori per mancanza di alimentazione, e, quindi, per mancanza di carburante. Di seguito le conclusioni del Perito che collaborò alle indagini, Dott. Ing. Giuseppe De Angelis:

    Gli eventi che condussero all’incidente iniziarono con la piantata del motore destro.

Il motore destro non venne meno per cause meccaniche od elet­triche come risultato dal suo esame; si può solo pensare ad una mancata alimentazione del carburante. Essa potrebbe essere derivata da rottura della tubazione di alimentazione, da car­burante contaminato (acqua) o da esaurimento del carburante stesso.

Il velivolo, con il solo motore sinistro funzionante, specie in considerazione del suo ridotto carico, avrebbe dovuto, sen­za eccessive difficoltà, così come nelle intenzioni del pilota (comunicazione radio alla torre dopo il decollo), poter ritor­nate allo atterraggio dopo aver raggiunto una quota di sicurez­za.

Ciò non avvenne. I motivi possono essere stati due: errore di manovra da parte del pilota, non sufficientemente abile nel volo simmetrico; mancanza di potenza anche al motore sinistro.

L’errore di manovra non sembra attendibile. Il pilota nella fase iniziale dell’emergenza si era comportato con buona pa­dronanza della situazione iniziando la salita ad un solo moto­re con assetto regolare, ed aveva anche avuto il tempo e la calma di comunicare con la torre.

La mancanza anche dell’altro motore appare invece più attendi­bile. I danni riportati dall’elica sinistra, dello stesso tipo dell’elica destra e tipici di un’elica non in potenza o ferma ne sono una conferma.

E’ risultato dagli esami tecnici effettuati che il motore di sinistra, così come quello di destra, non avrebbe potuto fer­marsi in volo per cause meccaniche od elettriche. Quindi anche l’arresto del motore sinistro può essere spiegato solo con mancanza di alimentazione.

Per entrambi i motori non fu possibile accertare se i danni rilevati sui tubi di alimentazione del carburante fossero tut­ti conseguenti all’incidente.

L’arresto pressoché contemporaneo dei due motori può però es­sere difficilmente spiegato, da un punto di vista probabili­stico, con la rottura delle tubazioni di alimentazione di en­trambi i motori. Restano le ultime due possibilità: contamina­zione del carburante; esaurimento del carburante. Il velivolo aveva trascorso la notte parcheggiato all’aperto su uno dei piazzali davanti all’aerostazione con serbatoi certamente non pieni. L’aria occupante nei serbatoi lo spazio libero dal car­burante, raffreddandosi durante la notte, avrebbe potuto for­mare acqua di condensazione stratificatasi poi sul fondo dei serbatoi. Data l’entità della escursione termica nelle 24 ore, nella zona di Roma è però poco probabile che possa essersi ac­cumulata tanta acqua da causare l’arresto di entrambi i moto­ri.

L’esaurimento del carburante quale causa dell’arresto dei mo­tori appare l’ipotesi più attendibile. Essa è avvalorata dai seguenti fatti:

non vi fu incendio malgrado che i motori giacessero in prossimità dei serbatoi di cui uno, l’anteriore destro, sfon­dato.

            Tutti i serbatoi furono trovati vuoti.

Dal breve studio fatto sui motori (vedere appendice) il carbu­rante al decollo da Ciampino il giorno 14, qualora si accetti­no come validi i consumi medi registrati dalla società S.N.A.M., era prossimo all’esaurimento.

L’incidente avvenne per piantata in decollo del motore de­stro, seguita, a breve distanza di tempo (si stima circa 1 mi­nuto) da piantata anche del sinistro. Le due piantate sono state attribuite ad esaurimento carburante. Il violento impat­to col suolo, risultato mortale per i due occupanti, fu conse­guente a stallo con avvitamento, quest’ultimo innescato o ag­gravato dalla configurazione asimmetrica dell’a/m: elica de­stra in bandiera, elica sinistra frenante a mulinello.[15]

   Gli inquirenti, esaminando le attività di volo dell’aeromobile I-TURI dal giorno 13 agosto 1969, accertarono che il velivolo aveva poco carburante nei serbatori quando il 14 agosto 1969 decollò da Ciampino con destinazione l’aeroporto dell’Urbe.

   Il giorno 13 agosto l’I-TURI decollò da Urbe con 600 litri di carburante; venne effettuata la tratta Urbe-Ciampino-Ronchi-Linate, con un tempo di volo di 3 ore e 52 minuti, consumando complessivamente 580 litri. L’aereo aveva un residuo di 20 litri.

   I-TURI riparte da Linate dopo aver effettuato un rifornimento di 400 litri; a questa quantità va aggiunta quella residua; dunque l’aereo ha nei serbatoi 420 litri. Dopo la partenza da Linate, I-TURI effettua la tratta Linate-Elba-Ciampino, con un tempo di volo di 2 ore e 38 minuti, consumando 395 litri e lasciando un residuo di 25 litri.

   All’aeroporto di Ciampino I-TURI effettua un rullaggio per punto attesa e rientro al parcheggio perché richiamato via radio; l’aereo ha consumato 15 litri, lasciando un residuo di 10 litri.

   Il 14 agosto I-TURI decolla da Ciampino con destinazione l’aeroporto dell’Urbe, consumando 23 litri, lasciando un residuo di 13 litri. Se si tiene conto che 18 litri di carburante non sono utilizzabili e stimando in 17 litri il carburante per la salita e la discesa sull’Urbe, sarebbero stati necessari ancora 38 litri di carburante per il trasferimento all’Urbe.[16]

   Gli inquirenti interrogarono cinque testimoni oculari, e, cioè: Olindo Merlini; Elena Petrucci; Leonardo Zompatelli; Domenico Frattarelli; Salutina Frattarelli. Tutti e cinque riferiscono la stessa circostanza, ossia che, verso le ore 12.15 del 14 agosto 1969, videro un aereo volare basso con almeno una delle due eliche ferme, per poi schiantarsi al suolo. I testimoni Olindo Merlino e Leonardo Zompatelli, avvicinandosi al relitto, videro fuoriuscire del carburante.[17]

   Il PM Calia, nelle sue indagini, avanza l’ipotesi che Marino Loretti sia rimasto vittima di un attentato e che il suo aereo sia stato sabotato.

   Il Magistrato, desume questa tesi dal fatto che poco prima di morire, Marino Loretti scrisse una lettera al fratello di Enrico Mattei, Italo Mattei, nella quale sosteneva di essere a conoscenza di cose importanti circa la morte del fondatore dell’ENI, e che auspicava ad un incontro per poterne parlare. Di seguito il testo della lettera:

   Roma, 27 febbraio 1969

Egregio signor Italo,

sono certo che si ricorderà di me, in quanto ci siamo incontrati più volte a Dobbiaco quando volavo con l’ingegner Mattei, suo fratello. Da molto tempo avrei voluto parlare con Lei, proprio per chiudere alcuni punti oscuri che Lei stesso può immaginare. Seguo e ho seguito, tutti gli articoli che sono stati scritti circa quanto è accaduto in quel tempo, quasi lontano ma, nel ricordo, ancora scottante e vicino. Comunque, Le voglio ricordare che ho volato quale secondo pilota motorista, per cinque anni a fianco del comandante Bertuz­zi, e inspiegabilmente mi sono visto allontanare, pur sapendo, e lo posso documentare, di avere goduto piena fiducia e molta stima da parte dell’ingegner Mattei, e soprattutto del comandante Bertuzzi. Ma qualcuno aveva interesse a mettermi in cattiva luce, forse aveva­no interesse a tenermi lontano, ma non voglio polemizzare. Quello che potrei dirle, in parte documentandolo, potrebbe essere cosa utile, e, storicamente parlando rivedere nei minimi partico­lari ogni ombra, anche se apparentemente insignificante, potreb­be illuminare un percorso non ancora scoperto. Nella speranza di un incontro Le porgo i miei più cordiali saluti a Lei e famiglia.

Marino Loretti.[18]

L’incontro tra Italo Mattei e Marino Loretti non ci fu mai, dato che il pilota – come si è visto – è morto in un disastro aereo il 14 agosto del 1969. La lettera venne poi consegnata nel 1971 alla magistratura di Palermo, allorquando erano in corso le indagini sulla scomparsa del giornalista Mauro De Mauro.[19] Gli inquirenti che lavoravano a questo caso, stavano seguendo, tra le altre ipotesi, anche la “pista Mattei”, in quanto il giornalista negli ultimi tempi aveva svolto una indagine sulle ultime giornate di Enrico Mattei trascorse in Sicilia, con la finalità di aiutare anche il regista Francesco Rosi che all’epoca stava lavorando al suo film “Il caso Mattei”.[20] La magistratura di Palermo tentò di rintracciare Marino Loretti per poterlo interrogare, ma sia la magistratura e sia Italo Mattei erano ignari del disastro aereo del 14 agosto 1969. Questa lettera è stata rinvenuta dal PM Calia nel 1995, allorquando per le sue indagini acquisì gli atti del “caso De Mauro”.[21]

   Calia sostiene che, probabilmente, Loretti rimase vittima di un attentato, e, quindi, qualcuno avrebbe voluto la sua morte, cosicché da impedirgli la possibilità di riferire ciò che poteva sapere sulla morte di Enrico Mattei. Il PM, nella sua relazione, scrive:

   Da tali indagini sono emerse una serie di circostanze tali da far ritenere che l’incidente di volo dell’I-TURI non fosse dipeso da mancanza di carburante, ma dalla presenza di acqua nei serbatoi, verosimilmente per causa dolosa.[22]

Dunque il Magistrato, ipotizza che qualcuno abbia introdotto di proposito dell’acqua nei serbatoi dell’I-TURI per sabotarlo.

   Nella relazione di inchiesta dell’Aeronautica Militare, in effetti viene riferito che gli inquirenti prelevarono un campione di carburante che venne poi inviato ad un laboratorio analisi per compiere su questo degli accertamenti.

    L’esame del carburante condotto su di un campione prelevato dal velivolo I-TURI, dopo l’incidente, ha dato il seguente risul­tato:

            il campione esaminato è una benzina 100/130 di caratteristi­che alterate per la perdita delle frazioni più volatili, come ri­sulta dalla bassissima tensione di vapore e dall’assenza delle prime frazioni della curva di distillazione.

            I contaminanti solidi presenti in sospensione nel campione sono costituiti da materiale proveniente dall’ambiente esterno.

            Si è riscontrato nel campione la presenza di notevole quan­tità di acqua indisciolta (1,6 ml nel campione).[23]

La presenza di acqua nella benzina può essere spiegata in maniera diversa. Il De Havilland DH. 104 Dove è un aereo bimotore monoplano ad ala bassa, alimentato con motori a pistoni. Negli aerei alimentati con motori a pistoni, la benzina impiegata è la “Avio 100LL”, un carburante a basso contenuto di piombo contenente l’additivo antidetonante TEL, ma in una quantità minore rispetto alla benzina 100/130 ad alto contenuto di piombo che ha sostituito. Con questa tipologia di aereo, prima di ogni volo occorre fare lo spurgo dei serbatoi proprio per eliminare l’acqua di condensa che può essersi accumulata nei serbatoi. Può capitare che la benzina sia così di bassa qualità che è possibile trovarla mischiata all’acqua. Quando si procede con lo spurgo da sotto le ali, in corrispondenza dei serbatoi, l’acqua che è più pesante della benzina è la prima ad uscire. È un controllo obbligatorio per aerei con motori a pistoni. Può accadere che i piloti facciano in maniera molto superficiale i controlli, pagandone poi le conseguenze. Esistono, comunque, dei filtri tra il serbatoio e il carburatore, che in caso di presenza di acqua (in piccole quantità) la bloccano. Per bloccare un motore a pistoni, comunque, sarebbero necessari alcuni litri di acqua.[24]

Conclusioni

   È difficile – se non impossibile – stabilire con certezza le dinamiche di un disastro aereo avvenuto molti anni prima. La tesi del sabotaggio effettuato con l’introduzione dolosa di acqua nei serbatoi è verosimile tanto quanto l’ipotesi che la presenza di acqua nel carburante – che avrebbe provocato la piantata dei motori – fosse dovuta ad una pessima manutenzione dei serbatoi e (o) dalla cattiva qualità del carburante. Così come pure è verosimile che il disastro aereo sia stato provocato dalla mancanza di alimentazione, avendo, il pilota, valutato in maniera errata i consumi dell’aeromobile.

Post conclusioni

   Una lettera del Com.te Irnerio Bertuzzi spedita dagli Stati Uniti alla moglie Lina Poli, riferisce sull’episodio del “cacciavite”. Il pilota, confidandosi con sua moglie, sosteneva che tutta la faccenda era solo un banale incidente la cui conseguenza più grave poteva essere il danneggiamento di un reattore dell’aereo. Era, quindi, da escludersi un tentativo di sabotaggio da parte di un’organizzazione terroristica come l’OAS. Bertuzzi, inoltre, sosteneva che forse la responsabilità dell’incidente era di Loretti che poi, per tentare si scagionarsi dalle sue responsabilità, disse che il cacciavite era stato lasciato da Balletti con l’intenzione di fare un dispetto a Bignardi, in quanto Balletti coltivava per il collega Bignardi un sentimento di invidia.

  A Roma sono successe le più strane cose. Loretti sta combinando un sacco di guai e stanno aspettando un nostro ritorno per chiu­dere l’inchiesta sull’incidente a terra occorso al Morane S. nuovo. Hanno dimenticato nella presa d’aria di un reattore un cacciavi­te; si è rovinato il motore e naturalmente hanno pensato a un at­tentato OAS. Quante storie! Naturalmente le complicazioni son ve­nute dopo quando Loretti probabilmente per scagionarsi dalle sue responsabilità ha ventilato l’ipotesi che la cosa l’abbia fatta intenzionalmente Balletti per invidia verso Bignardi che doveva partire con Mattei. Ne è sorta una specie di caciara che ancora durerà e chissà quando e come finirà. Ad ogni modo sono contento di non esserci e di non esserci stato anche se al mio ritorno dovrò subirmi delle notevoli seccature […].[25]

Stando ai documenti che riportano le testimonianze dei piloti che a quel tempo lavoravano per il gruppo ENI, l’episodio del “cacciavite”, se non è stato certamente un tentativo di sabotaggio come pure ammette il PM Calia, forse non fu nemmeno una manovra intenzionale di Balletti per mettere in cattiva luce Loretti, in modo tale da far ricadere la colpa su quest’ultimo per fare in modo che i vertici dell’azienda lo allontanassero dalla manutenzione dell’aereo di Enrico Mattei. I carteggi di Bertuzzi e di Balletti, sembrano dimostrare che tutta la vicenda sia stata solamente un increscioso incidente, dove i piloti, vuoi per invidia, vuoi per gelosia, vuoi per una qualche rivalità, si sono incolpati a vicenda. 


[1]  Cfr. Procura della Repubblica presso il tribunale di Pavia, Vincenzo Calia, Richieste del Pubblico Ministero (ai sensi dell’art. 415 c.p.p.), Procedimento penale n.181/94 mod.44. Le indagini sono state svolte dai marescialli Enrico Guastini, Antonio Trancuccio e dall’appuntato Giovanni Pais, dei Carabinieri di Pavia, p. 194.

[2] Tra l’8 e il 12 gennaio 1962, il presidente del Consiglio Amintore Fanfani e il Ministro degli Esteri Antonio Segni, si recarono in Marocco per una visita ufficiale. La delegazione al seguito dell’On. Fanfani e dell’On. Segni era così composta: Ambasciatore Giovanni Fornari, Direttore Generale degli Affari Politici; Ministro Carlo Marchiori, Consigliere Diplomatico del Presidente del Consiglio; Ministro Federico Sensi, Capo di Gabinetto del Ministro; Consigliere d’Ambasciata Cesare Pasquinelli, vice Direttore Generale degli Affari Economici; Consigliere per l’Oriente Francesco Vincentini Mareri, Direzione Generale Relazioni Culturali – Uff. V; Prof. Hombert Bianchi, Capo Ufficio Stampa del Presidente del Consiglio; Dr. Felice Marchioni, Vice Prefetto; Maresciallo Pietro Palmieri, Segretario Amministrativo; Maresciallo Elio Tannozzini, Gabinetto del Ministro. Il 10 gennaio, alle ore dieci, era prevista la cerimonia di inaugurazione a Mohammedia della raffineria SAMIR, una società mista che apparteneva al 50% al governo del Marocco e al 50% all’ENI (cfr. Archivio Storico Istituto Luigi Sturzo, Fondo Giovanni Gronchi, I versamento, presidenza della Repubblica (1955-1962), pratiche in ordine cronologico 1955-1970, 1962-1963, fasc. 290, Dossier del Ministero degli Affari Esteri, visita ufficiale del Presidente del Consiglio dei Ministri Amintore Fanfani in Marocco 8-12 gennaio 1962). Alla cerimonia di inaugurazione, avrebbe dovuto essere presente anche Enrico Mattei, ma, all’improvviso, il presidente dell’ENI annullò la sua partenza. Molto si è discusso sulle ragioni che spinsero Mattei a rinunciare a presenziare all’inaugurazione della raffineria nel Paese nordafricano. La Prof.ssa Bruna Bagnato, in un suo studio, riporta a questo proposito diverse tesi. Pur non escludendo la possibilità che Mattei abbia rinunciato al viaggio in Marocco a causa del giravite rinvenuto in uno dei due motori del suo aereo – e che, quindi, l’episodio del cacciavite sia da interpretare come un tentativo di sabotaggio -, è possibile che la circostanza, che poteva essere un fatto meramente accidentale, sia stata sfruttata da Mattei per annullare la sua presenza alla cerimonia, cosicché da avere la possibilità di evitare un incontro con le autorità governative marocchine. Infatti, secondo Manlio Brosio (ambasciatore italiano in Francia dal 1961 al 1964), Mattei evitò di andare a Mohammedia in quanto c’erano dei problemi con i marocchini. Le attività dell’ENI in Marocco procedevano fra tanti problemi. Nel settore della distribuzione, l’AGIP Casablanca faceva fatica ad ottenere i permessi di costruzione sui terreni su cui sarebbero dovuti sorgere gli impianti di distribuzione; nel settore delle ricerche, l’AGIP mineraria non riusciva a rinvenire giacimenti di petrolio sulle aree avute in concessione; di conseguenza, si ebbero problemi nel settore della raffinazione, dove si poneva il problema per la SAMIR, nelle more del rinvenimento del petrolio nel sottosuolo marocchino, della provenienza del greggio che vi sarebbe stato trattato (cfr. BRUNA BAGNATO, Petrolio e politica. Mattei in Marocco, Firenze, Polistampa, 2004, pp. 319-380).

[3] Cfr, Procura della Repubblica presso il tribunale di Pavia, Vincenzo Calia, op. cit., p. 194 nota 686.

[4] FULVIO BELLINI, Il Secolo XX, Enrico Mattei è stato assassinato, 19 marzo 1963, p. 7.

[5] Sull’episodio del cacciavite il prof. Alberto Marino scrive: «l’8 gennaio del 1962 fu trovato un cacciavite nel corpo di uno dei motori a reazione di un aereo di Mattei che si accingeva al decollo» (ALBERTO MARINO, Enrico Mattei deve morire! Il sogno senza risveglio di un paese libero, Roma, Castelvecchi, 2014, p. 120). Marco Valerio Solia, in un suo studio, riferisce sull’episodio del cacciavite riportando circostanze inesatte. L’autore sostiene che l’8 gennaio 1962 Mattei si trovava in Marocco, e, poco prima di decollare per rientrare in Italia, venne rinvenuto il giravite nel motore dell’aereo. In realtà, Mattei non si trovava in Marocco e l’aereo del presidente si trovava all’aeroporto dell’Urbe pronto per un volo di prova. «Era l’8 gennaio del 1962 e Mattei si trovava in Marocco dove si era diretto per trattare alcune questioni petrolifere. Prima di intraprendere il volo di ritorno in Italia, il pilota rinvenne un cacciavite legato con il nastro adesivo ad un tubo collegato al motore. Il cacciavite, una volta partiti, si sarebbe dovuto staccare, bloccando il motore e causando la caduta del velivolo» (MARCO VALERIO SOLIA, Mattei, Obiettivo Egitto. L’ENI, Il Cairo, Le Sette Sorelle, Roma, Armando Editore, 2016, pp. 143-144).

[6] Cfr. Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pavia, Vincenzo Calia, op. cit., pp. 195-199.

[7] Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pavia, Procedimento penale n. 2471/62 R.G. Procura di Pavia, fascicolo 1, pp. 205-206.

[8] Cfr. Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pavia, Vincenzo Calia, op. cit., p. 195. Si veda anche “Le piazze del sapere. Il caso Mattei. Interviene Vincenzo Calia” (reperibile su https://www.youtube.com/ watch?v=SxXJFGBV5xM).

[9] Archivio della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pavia, procedimento penale 181/94, dichiarazione del Com.te Luigi Balletti.

[10] Archivi di famiglie, Signora Laura Borelli (famiglia Bertuzzi), Promemoria del Com.te Bertuzzi.

[11]  Archivi di famiglie, Signora Laura Borelli (famiglia Bertuzzi), Lettera del Com.te Luigi Balletti del 1° maggio 1962 al Com.te Irnerio Bertuzzi.

[12] Archivi di famiglie, Signora Laura Borelli (famiglia Bertuzzi), Lettera del Com.te Luigi Balletti del 5 maggio 1962 al Com.te Irnerio Bertuzzi.

[13] Cfr. Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pavia, Vincenzo Calia, op. cit., p.353.

[14] Rapporto della Commissione D’Inchiesta tecnica formale incivolo velivolo DH 104 serie 6 marche I-TURI, allegato 54 al Procedimento Penale n. 181/94 Procura della Repubblica di Pavia, p. 28.

[15] Ivi, pp. 81-82.

[16] Cfr. ivi, p. 87.

[17] Cfr. ivi, pp. 62-66.

[18] Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pavia, Vincenzo Calia, op. cit., p. 353 nota n. 1141.

[19] Per una bibliografia su Mauro de Mauro: GIUSEPPE LO BIANCO, SANDRA RIZZA, Profondo nero. Mattei, De Mauro, Pasolini. Un’unica pista all’origine delle stragi di Stato, Milano, Chiarelettere, 2019; GIUSEPPE PIPITONE, Il Caso De Mauro. Così scompare un giornalista: un mistero lungo 41 anni, Lavis, Editori Riuniti, 2012; FRANCESCO VIVIANO, Mauro de Mauro. La verità scomoda, Roma, Aliberti editore, 2009.

[20] Cfr. Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pavia, Vincenzo Calia, op. cit., pp. 290-352.

[21] Cfr. ivi, p. 353.

[22] Il PM Vincenzo Calia sostiene che l’inchiesta dell’Aeronautica Militare concluse che I-TURI fosse precipitato per mancanza di carburante in quanto gli inquirenti calcolarono i consumi dell’aereo dando per certo che il serbatoio supplementare fosse completamente vuoto. Considerando – invece- anche la capacità del serbatoio supplementare, Loretti aveva a disposizione 200 litri di benzina al momento in cui decollò per raggiungere l’aeroporto dell’Urbe, pari ad una autonomia di un’ora e mezza di volo, notificata, poi, dallo stesso pilota (Ivi, p. 353).

[23] Rapporto della Commissione D’Inchiesta tecnica formale incivolo velivolo DH 104 serie 6 marche I-TURI, op. cit., pp. 22-23.

[24] Si ringrazia il Sig. Andrea Rossetto per la consulenza prestata per gli aspetti tecnici.

[25] Lettera di Bertuzzi alla moglie Poli Lina spedita dagli Stati U­niti e acquisita dal ROS presso il dott. Enzo Biagi.

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