
La figura di Enrico Mattei, negli anni ha attirato numerosi ammiratori, celebratori e appassionati delle teorie cospirative: la conseguenza è stata la proliferazione – che ad oggi non sembra avere una sosta – di una letteratura eccessivamente celebrativa del personaggio, che attribuisce a Mattei meriti e primati che non ha avuto, e che sembra concentrarsi più sulla morte del presidente dell’ENI, cercando di capire chi e perché abbia voluto la sua morte. Gli autori di tali pubblicazioni (salvo rare eccezioni) hanno ricostruito la vicenda imprenditoriale di Enrico Mattei (e, di conseguenza, i primi nove anni di vita dell’ENI) in maniera dilettantistica e approssimativa, basandosi su fonti inesistenti o di dubbia attendibilità, e, inoltre, impostando sempre la narrazione della storia su toni molto ingenui, dove l’analisi dei fatti storici viene semplificata di molto. In queste pubblicazioni, la vicenda del primo presidente dell’ENI, viene sempre narrata seguendo questo schema: Mattei attraverso l’ENI vuole dare all’Italia la sua indipendenza energetica; sfida le “sette sorelle” e i loro intoccabili interessi nel Medio Oriente; ispirato da principi terzomondisti, sta dalla parte dei Paesi produttori, ricchi di risorse ma poveri, perché sfruttati e depredati dalle multinazionali anglo-americane; rivoluziona il mercato petrolifero introducendo nuove formule contrattuali la cui invenzione è da attribuirsi esclusivamente al suo genio; paga a caro prezzo la sua coraggiosa sfida alle compagnie anglo-americane: dietro la sua morte, forse, si nascondono le “sette sorelle”. Questi luoghi comuni sui quali si basa la gran parte della letteratura sull’argomento, vennero fissati all’inizio degli anni Settanta, dapprima da Fulvio Bellini e Alessandro Previdi, con il libro “L’assassinio di Enrico Mattei”, e poi dal regista italiano Francesco Rosi, che, basandosi sul libro scritto da Bellini e Previdi, nel 1972 realizzò il film inchiesta “Il caso Mattei”, con Gian Maria Volonté nei panni di Enrico Mattei. L’opera cinematografica, che ebbe all’epoca un notevole successo presso l’opinione pubblica (e lo ha tutt’ora), con il passare del tempo, insieme alla pubblicistica di tipo celebrativo che ne ha ripreso gli schemi narrativi, ha contribuito in larga misura a fissare un’immagine mitizzata di Mattei, cioè dell’eroe che sfida i potenti dell’industria petrolifera.[1]
A partire dalla seconda metà degli anni Novanta e dagli inizi degli anni Duemila, sono stati pubblicati studi scritti da storici di professione[2] che, per la ricostruzione dei fatti storici, si sono avvalsi delle fonti primarie, cioè quelle di archivio, principalmente quelle conservate nell’Archivio Storico dell’ENI; un archivio che per moltissimi anni è stato inaccessibile, e che solo in anni più recenti è stato messo a disposizione dei ricercatori. Tali studi hanno chiarito meglio la vicenda imprenditoriale di Enrico Mattei e, di conseguenza, l’internazionalizzazione dell’ENI, sottraendo il personaggio e la sua impresa alle mitologie e alle inesattezze storiche tramandate da una letteratura di scarso valore scientifico. E, fattore molto importante, in questi studi la politica estera dell’azienda di Stato è stata analizzata tenendo in considerazione il complesso contesto politico dei Paesi arabi del Medio Oriente e del Nord Africa, ossia i Paesi ai quali il presidente Mattei rivolse la sua attenzione. In queste realtà, soprattutto negli anni Cinquanta, si sviluppò un forte nazionalismo arabo, un fenomeno che ebbe il suo centro nell’Egitto di Nasser, dove il generale prese il potere a seguito di un colpo di stato avvenuto nel 1952.[3] Il progetto di Nasser per il mondo arabo era quello di riscattarsi dalla dominazione delle potenze occidentali, sia dal punto di vista politico che da quello economico. Tale riscatto, secondo il generale egiziano, poteva avvenire attraverso la gestione delle proprie risorse naturali, ovvero il petrolio.[4] I governi dei Paesi arabi dagli inizi degli anni Cinquanta in poi, iniziarono a voler rivedere il loro ruolo nella gestione e nella produzione delle proprie risorse petrolifere, e cioè: non più affittuari passivi delle loro ricchezze naturali, ma soci attivi nell’industria petrolifera, ripartendo insieme alle compagnie occidentali oneri, profitti e responsabilità, e, in più, ricevere una ripartizione degli utili a proprio favore, che andasse anche oltre il 50%. Fu in questo clima politico che nacque e prese forma quella che è passata alla storia come “formula Mattei” (che, come si vedrà, l’ENI di Mattei non ebbe nessun ruolo nell’ideazione della particolare formula contrattuale). Tali proposte dei governi dei Paesi produttori non vennero accolte dalle multinazionali del petrolio, dato che non erano disposte a concedere i miglioramenti che questi chiedevano. Il primo a dare fiducia alle nuove proposte dei governi dei Paesi produttori fu Mattei. Il presidente dell’ENI, animato dalla forte ambizione di realizzare una politica estera nell’ambito energetico e, quindi, di far guadagnare all’ENI e all’Italia i propri spazi nel mercato petrolifero, seppe sfruttare questa situazione, rivestendo il ruolo del partner disponibile ad accogliere le nuove proposte contrattuali. Infatti, come verrà spiegato di seguito, Mattei fu il primo ad accettare (e non a ideare) la particolare formula contrattuale che prevedeva di concedere al Paese produttore il 75% degli utili e, in più, di creare una società a capitale misto (Joint Venture), gestita a parità di condizioni da ENI e dal governo del Paese. Dunque, la strategia con la quale l’ENI realizzò la sua espansione all’estero non nacque, come si è sempre detto, da uno spregiudicato gesto di sfida alle società del cartello, ma dal felice incontro delle esigenze di due parti: da un lato i Paesi produttori, che volevano ottenere di più dall’industria del petrolio; dall’altro lato c’era Mattei, che aveva bisogno di una opportunità che consentisse all’ENI di fare il suo ingresso per vie dirette nel mercato petrolifero mediorientale.
L’ENI viene fondato il 10 febbraio 1953, ma la sua storia incomincia dopo l’inizio della seconda metà degli anni Cinquanta, quando Enrico Mattei decide di internazionalizzare l’azienda di Stato. L’ENI in quegli anni, se paragonata alle grandi compagnie anglo-americane, era una piccola azienda, e come piccolo operatore del settore petrolifero non aveva i requisiti per accedere ai grandi consorzi controllati dalle major che detenevano la produzione di greggio del Medio Oriente. Cinque sono i consorzi mediorientali controllati dalle sette sorelle: Iraq Petroleum Company in Iraq (IPC); Arabian American Oil Company in Arabia Saudita (ARAMCO); Consorzio per l’Iran in Iran; Bahrain Petroleum Company in Bahrain; Kuwait Oil Company in Kuwait.[5] Tuttavia, nel luglio 1956, all’ENI di Mattei si presentò l’occasione per fare un ingresso diretto nel Medio Oriente, in particolare in Iran. L’Iran, e anche l’Egitto, in quegli anni avevano elaborato una rivoluzionaria formula contrattuale per la ripartizione degli utili: tale formula prevedeva che il Paese produttore ricevesse il 75% degli utili e, in più, il governo doveva avere una partecipazione attiva nella produzione e nella gestione delle proprie risorse petrolifere, gestendo a parità di condizioni con la compagnia che contraeva l’accordo una Joint Venture, cioè una società mista.[6] Il contratto venne proposto all’ENI di Mattei l’otto luglio 1956 dalla National Iranian Oil Company (NIOC), l’ente di Stato iraniano che nel Paese gestiva le aree non sfruttate o comunque non controllate dal Consorzio per l’Iran. L’ENI accettò la proposta della NIOC, consapevole che la conclusione dell’accordo avrebbe permesso all’azienda di Stato di fare il suo ingresso in un’area del mondo ricca di petrolio, ovvero il Medio Oriente. Tra il marzo e l’agosto del 1957 venne firmato il contratto ENI-NIOC: l’accordo prevedeva che al Paese produttore venisse concesso il 75% degli utili, e, inoltre, il governo dell’Iran avrebbe gestito a parità di condizioni insieme all’ENI una società mista; dunque venne creata la Società Italo-Iraniana del Petrolio (SIRIP), detenuta al 50% da AGIP Mineraria (società controllata dall’ENI che si occupava dell’estrazione del greggio) e dalla NIOC.[7] Dunque, contrariamente a quanto riportato dalla letteratura più tradizionale sull’argomento,[8] fu l’Iran (e Egitto) a ideare una innovativa formula contrattuale, secondo la quale il governo chiedeva alle compagnie petrolifere occidentali di avere una ripartizione degli utili a suo favore (il 75%) e, in più, di essere coinvolti nella produzione e nella gestione del petrolio, amministrando a parità di condizioni una società mista. Dato che le multinazionali anglo-americane non volevano concedere i miglioramenti che il Paese produttore chiedeva, il governo iraniano cercò un interlocutore ideale, che potesse appunto essere disposto a concludere un accordo accettando i termini della formula 75/25. L’Iran trovò il suo interlocutore ideale nell’Italia, e in particolare nell’ENI di Mattei, che da parte sua aveva bisogno di una opportunità per entrare, tramite vie dirette, in un’area del mondo ricca di petrolio, ovvero il Medio Oriente. Lo stesso accordo che l’ENI concluse con il governo iraniano, venne replicato dall’azienda italiana con Egitto, Marocco e Tunisia.[9] Dunque, in base alle recenti ricerche storiografiche, la paternità del nuovo sistema di spartizione degli utili va attribuita ai Paesi produttori (Iran e Egitto), decisi a trarre un maggiore vantaggio dalle loro politiche di partenariato petrolifero. Da questo punto di vista, i meriti di Enrico Mattei non vanno ricercati nell’ideazione di rivoluzionarie formule contrattuali, ma nell’aver accettato per primo le richieste dei Paesi produttori e di essere stato il primo a mostrarsi sensibile alle esigenze di emancipazione e rivalsa delle Nazioni mediorientali, che vedevano nello sviluppo dell’industria petrolifera un mezzo per realizzare l’indipendenza economica e politica (è lo spirito nazionalistico che lo storico dell’economia Giulio Sapelli ha definito come “Oil Nationalism”, cioè l’affermazione dell’indipendenza nazionale attraverso la gestione e lo sviluppo delle proprie fonti energetiche).[10]
Il terzomondismo dell’ENI
Durante gli anni della presidenza Mattei, l’ENI assunse, da un punto di vista politico, posizioni fortemente terzomondiste e anticolonialiste. La retorica terzomondista e anticolonialista con la quale Mattei proponeva ai Paesi produttori accordi che prevedevano la partecipazione a condizioni di parità nell’industria petrolifera e una ripartizione degli utili in loro favore, ha indotto alcuni biografi a dare al presidente dell’ENI un’immagine fin troppo ingenua, ossia quella di un imprenditore magnanimo che, mosso da un grande amore per la pace e la libertà, sognava di dare la possibilità ai Paesi del Terzo mondo, ricchi di risorse ma sfruttati dalle multinazionali, di conquistare la loro indipendenza. Probabilmente il terzomondismo e l’anticolonialismo di Mattei, pur non mettendo in dubbio il fatto che potesse essere sincero, era un’abile propaganda politica (nonché un’accorta strategia di diffusione dell’immagine aziendale)[11]con la quale il presidente dell’ENI cercava di conquistarsi la fiducia dei governi dei Paesi produttori al fine di ottenere da questi delle concessioni per lo sfruttamento degli idrocarburi. Mattei aveva compreso come presso quei popoli che da poco si erano liberati dal dominio coloniale e dove le multinazionali del petrolio erano percepite come espressione del neocolonialismo, bisognava presentarsi in modo diverso: non come dei potenti che volevano solo sfruttare le ricchezze del Paese tenendolo nella condizione di socio passivo, ma proponendosi come degli ospiti rispettosi che, pur pretendendo di sfruttare le loro riserve petrolifere, ci si rendeva disponibili a concedere al Paese produttore una ripartizione degli utili a suo favore e a renderlo partecipe in tutte le attività legate all’industria petrolifera, dando così ai governi la soddisfazione di essere elevati al rango di socio attivo. A proposito di quanto detto, è illuminante ciò che Alberto Tonini scrive: «Il presunto terzomondismo dell’Eni e del suo fondatore, poi, si spiega non solo e non tanto con il desiderio di sostenere i popoli dei paesi di nuova indipendenza, ma con la convinzione che i vincoli di riconoscenza di questi popoli avrebbero permesso il raggiungimento di un accordo per lo sfruttamento delle risorse petrolifere nascoste nel sottosuolo di quei paesi. Non era semplicemente l’amore di libertà a guidare le scelte di Mattei, ma piuttosto l’aver compreso prima di altri che la logica dei rapporti tra Nord e Sud del mondo stava rapidamente mutando. In altre parole, la sua personale intuizione fu una conseguenza della palese necessità di superare lo status quo, ormai storicamente inadeguato. Lo stesso Mattei dimostrò di essere consapevole dell’obbligatorietà delle sue scelte quando, commentando l’accordo raggiunto con l’Iran nel 1957, osservò che “le condizioni fatte all’Eni corrispondono all’aspirazione [del governo iraniano] di uscire dal sistema della pura e semplice concessione a imprese straniere per partecipare attivamente e consapevolmente allo sfruttamento delle risorse petrolifere nazionali”».[12]
Il Neoatlantismo
È diffusa l’opinione che Enrico Mattei abbia condotto in solitaria una politica estera filo araba, andando contro le istituzioni dello Stato e contro i principi dell’Atlantismo. In realtà le iniziative all’estero dell’ENI erano ben viste e appoggiate da importanti esponenti politici della Democrazia Cristiana, quali Amintore Fanfani, Giovanni Gronchi e Giorgio La Pira. Mattei, Fanfani, Gronchi e La Pira erano coloro che condividevano i principi del Neoatlantismo.[13] Il Neoatlantismo si basava sul principio che l’Italia, pur rimanendo fedele all’Atlantismo, conducesse una politica estera più autonoma, volta a stabilire rapporti di carattere politico (iniziative di Fanfani e Gronchi), economico (iniziative di Mattei) e culturale (iniziative di La Pira) con i Paesi arabi del Mediterraneo e del Medio Oriente. L’Italia, dopo aver perso le sue colonie e di conseguenza le sue ambizioni colonialiste, riteneva di poter diventare l’interlocutore ideale per i Paesi arabi appartenenti all’area mediterranea e mediorientale, Paesi che nella seconda metà degli anni Cinquanta si affacciavano all’indipendenza. Il Neoatlantismo mirava anche a fare dell’Italia l’interlocutore ideale degli Stati Uniti, il partner più adatto da consultare in merito alle vicende mediterranee e mediorientali. L’Italia pensava di avere tutti i requisiti necessari per ricoprire un simile ruolo, ovvero la posizione geopolitica, l’adesione al Patto atlantico e l’assenza di possedimenti coloniali.[14]
[1] La letteratura su Enrico Mattei e sull’ENI negli anni della dirigenza Mattei, è composta in larga misura da biografie romanzate a carattere divulgativo dalla forte impostazione celebrativa. Inoltre, tali studi ripercorrono la vicenda dell’azienda di Stato e del suo presidente ritagliando il personaggio dal contesto geopolitico nel quale l’ENI si trovò ad operare, interpretando la politica estera dell’ente italiano come una solitaria e coraggiosa sfida di Mattei al potere delle multinazionali del petrolio, e presentando la strategia internazionale dell’ENI come di un qualcosa il cui merito va attribuito esclusivamente alla spregiudicatezza del manager italiano. Appartengono a questa categoria: GIUSEPPE ACCORINTI, Quando Mattei era l’impresa energetica. Io c’ero, Matelica, Halley, 2006; LUIGI BAZZOLI, RICCARDO RENZI, Il miracolo Mattei, Milano, Rizzoli, 1984; FULVIO BELLINI, ALESSANDRO PREVIDI, L’assassinio di Enrico Mattei, Milano, Edizioni Flan, 1970; FILIPPO BOVO, Enrico Mattei. L’uomo della rinascita, Cavriago, Anteo Edizioni, 2016; BENITO LI VIGNI, In nome del petrolio. Da Mussolini a Berlusconi gli affari italiani in Iraq, Roma, Editori Riuniti, 2006; BENITO LI VIGNI, Enrico Mattei. L’uomo del futuro che inventò la rinascita italiana, Roma, Editori Riuniti, 2014; CARLO MARIA LOMARTIRE, Mattei. Storia dell’italiano che sfidò i signori del petrolio, Milano, Le Scie Mondadori, 2004; ALBERTO MARINO, Enrico Mattei deve morire! Il sogno senza risveglio di un paese libero, Roma, Castelvecchi, 2014; ROSANGELA MATTEI, Enrico Mattei. Mio zio, Matelica, Halley, 2013; CLAUDIO MOFFA, Enrico Mattei. Contro l’arrembaggio al petrolio e al metano. Una vita per l’indipendenza e lo sviluppo dell’Italia, del Medio Oriente e dell’Africa, Roma, Aracne, 2006; RAFFAELE MORINI, Enrico Mattei. Il partigiano che sfidò le sette sorelle, Milano, Mursia, 2011; GIANFRANCO PERONCINI, Veni, vidi, Eni…Enrico Mattei e il sovranismo energetico. La lunga marcia dall’Agip all’Eni, Milano, Byoblu Edizioni, 2021; ITALO PIETRA, Mattei, la pecora nera, Milano, Sugarco, 1987; FRANCESCO ROSI, EUGENIO SCALFARI, Il caso Mattei. Un corsaro al servizio della repubblica, Bologna, Cappelli editore, 1972. A questa pubblicistica, vanno aggiunte le opere cinematografiche e televisive che hanno il medesimo approccio all’argomento: Il caso Mattei, 1972, regia di Francesco Rosi; Enrico Mattei. L’uomo che guardava al futuro, 2009, regia di Giorgio Capitani; Passato e Presente. Enrico Mattei, la sfida del petrolio, 2019, a cura di Paolo Mieli e Mauro Canali, reperibile sul sito internet http://www.raiplay.it. Nella vasta letteratura “matteiana” vi sono alcune eccezioni. Si tratta di pubblicazioni che pur attribuendo a Mattei meriti e primati che non ha avuto – come ad esempio l’ideazione dell’innovativa formula 75/25 – sembrano analizzare la vicenda del presidente dell’ENI con toni più scientifici e meno agiografici. Questi studi sono: MARCELLO COLITTI, Energia e sviluppo in Italia: la vicenda di Enrico Mattei, Bari, De Donato, 1979; PAUL H. FRANKEL, Petrolio e potere: Enrico Mattei, Firenze, La nuova Italia, 1970; GIORGIO GALLI, La sfida perduta. Biografia politica di Enrico Mattei, Milano, Bompiani, 1976, testo importante per comprendere i rapporti tra Mattei e la Democrazia Cristiana. Gli studi del prof. Nico Perrone sono di un certo interesse, in quanto l’autore, facendo un uso di fonti archivistiche, è stato tra i primi a ricostruire le trattative tra Mattei e gli Stati Uniti nel periodo che ha preceduto la morte del presidente dell’ENI: NICO PERRONE, Mattei, il nemico italiano: politica e morte del presidente dell’ENI attraverso i documenti segreti, 1945-1962, Milano, Leonardo, 1989; NICO PERRONE, Obiettivo Mattei: petrolio, Stati Uniti e politica dell’ENI, Roma, Gamberetti, 1995; NICO PERRONE, Enrico Mattei, Bologna, Il Mulino, 2012. Marco Valerio Solia ripercorre bene i rapporti tra l’ENI di Mattei e l’Egitto di Nasser, collocando i rapporti commerciali tra l’ente di Stato italiano e il Paese arabo nel giusto contesto storico-politico, MARCO VALERIO SOLIA, Mattei, Obiettivo Egitto. L’ENI, Il Cairo, Le Sette Sorelle, Roma, Armando Editore, 2016. Di un certo interesse è la raccolta di saggi curata da Francesco Venanzi e Massimo Faggiani (FRANCESCO VENANZI, MASSIMO FAGGIANI (a cura di), ENI. Un’autobiografia. La storia di una grande impresa raccontata dagli uomini di Enrico Mattei, Milano, Sperling & Kupfer Editori, 1994): l’opera è una raccolta di testimonianze di ex manager dell’ENI che hanno lavorato durante gli anni della presidenza Mattei; dunque, vengono riferiti particolari interessanti sulla realtà aziendale in quel periodo. Tra gli studi pioneristici sull’ENI si segnala la pubblicazione di Dow Votaw. Il docente universitario di Berkeley negli anni Sessanta scrisse uno studio che analizzava l’azienda presieduta da Mattei, DOW VOTAW, Il cane a sei zampe – Enrico Mattei e l’Eni – saggio sul potere, Milano, Feltrinelli, 1965.
[2] Gli studi su Mattei e sull’ENI che analizzano la politica estera dell’azienda italiana in maniera lucida sono: MATILDE ATENEO, Neo-atlantismo e «apertura a sinistra». Nei report del Foreign office (1953-1962), Reggio Calabria, Città del Sole Edizioni, 2015; BRUNA BAGNATO, Prove di Ostpolitik. Politica ed economia nella strategia italiana verso l’Unione Sovietica (1958-1963), Firenze, Olschki, 2003 pp. 335-428; BRUNA BAGNATO, Petrolio e politica. Mattei in Marocco, Firenze, Polistampa, 2004; http://www.academia.edu, MASSIMO BUCARELLI, All’origine della politica energetica dell’ENI in Iran: Enrico Mattei e i negoziati per gli accordi petroliferi del 1957; i saggi di Matteo Pizzigallo e Georg Meyr contenuti in MASSIMO DE LEONARDIS (a cura di), Il Mediterraneo nella politica estera italiana del secondo dopoguerra, Bologna, Il Mulino, 2003; il saggio di Ilaria Tremolada contenuto in AGOSTINO GIOVAGNOLI, LUCIANO TOSI (a cura di), Amintore Fanfani e la politica estera italiana, Venezia, Marsilio, 2010; il saggio di Ilaria Tremolada contenuto in DAVIDE GUARNIERI (a cura di), Enrico Mattei. Il comandante partigiano, l’uomo politico, il manager di stato, Pisa, BFS Edizioni, 2007; LEONARDO MAUGERI, L’arma del petrolio: questione petrolifera globale, guerra fredda e politica italiana nella vicenda di Enrico Mattei, Firenze, Loggia De’ Lanzi, 1994; DANIELE POZZI, Dai gatti selvaggi al cane a sei zampe: tecnologia, conoscenza e organizzazione nell’AGIP e nell’ENI di Enrico Mattei, Venezia, Marsilio, 2009; ALBERTO TONINI, Il sogno proibito: Mattei, il petrolio arabo e le sette sorelle, Firenze, Polistampa, 2003; ILARIA TREMOLADA, La via italiana al petrolio: l’ENI di Enrico Mattei in Iran (1951-1958), Milano, L’Ornitorinco, 2011; ILARIA TREMOLADA, Nel mare che ci unisce. Il petrolio nelle relazioni tra Italia e Libia, Milano, Mimesis, 2015. Oltre a questi studi, se ne possono segnalare altri di notevole interesse. Si tratta di opere che analizzano aspetti particolari dell’ENI durante gli anni della dirigenza Mattei: Elisabetta Bini è autrice di un saggio che approfondisce il ruolo svolto dall’ENI nel promuovere la motorizzazione di massa negli anni Cinquanta con la costruzione e la diffusione di moderne stazioni di servizio su tutto il territorio italiano e con una politica dei prezzi della benzina a favore del consumatore (ELISABETTA BINI, La potente benzina italiana. Guerra fredda e consumi di massa tra Italia, Stati Uniti e Terzo mondo (1945-1973), Roma, Carocci editore, 2013); Elio Frescani si è occupato in particolare della comunicazione aziendale e della diffusione dell’immagine aziendale attraverso la produzione di documentari e spot televisivi (ELIO FRESCANI, Energia, cultura e comunicazione. Storia e politica dell’ENI fra stampa e televisione (1955-1976), Milano, Mimesis, 2020); Alessio Zanardo si è occupato nel particolare della metanizzazione del Paese dalla fine della Seconda guerra mondiale in poi (ALESSIO ZANARDO, Una storia felice. Il gas naturale in Italia da Mattei al Transmediterraneo, Roma, Aracne, 2008; ALESSIO ZANARDO, Dall’autarchia all’austerity. Ceto politico e cultura d’impresa nell’industria nazionale del metano (1940-1973), Roma, Aracne, 2012).
[3] Per le vicende dei Paesi mediorientali cfr. MARCELLA EMILIANI, Medio Oriente: Una storia dal 1918 al 1991, Roma-Bari, Laterza, 2012.
[4] A questo proposito, Leonardo Maugeri scrive: «Gamal Abdel Nasser, per primo mostra ai paesi arabi come il petrolio possa costituire un’arma per riscattarsi dalla dominazione occidentale. […] Nasser mette a fuoco il principio del controllo sul petrolio a fini strumentali e politici. Nel suo scritto Filosofia di una rivoluzione, il leader egiziano individua nel petrolio uno dei tre pilastri fondamentali del potere arabo, e l’arma più efficace per imporre i diritti della nazione araba su quelli delle potenze occidentali […]. Questa presa di coscienza giunge proprio negli anni in cui la produzione petrolifera dei paesi arabi cresce a ritmi impressionanti, circostanza che accresce il loro desiderio di ripensare gli equilibri di potere determinatisi in precedenza. Nasser inizia così a proclamare il diritto dei governi arabi alla sovranità sulle risorse naturali, chiedendo il ritiro delle società internazionali e la costituzione di consorzi locali per la produzione, il trasporto e la raffinazione del greggio» (LEONARDO MAUGERI, L’era del petrolio. Mitologia, storia e futuro della più controversa risorsa del mondo, Milano, Feltrinelli, 2006, pp. 115-116).
[5] Per la storia dell’industria petrolifera e la nascita del cartello delle sette sorelle si vedano: LEONARDO MAUGERI, L’era del petrolio, op. cit.; ANDRÉ NOUSCHI, Le lotte per il petrolio nel Medio Oriente, Milano, Mursia, 1971; ANTHONY SAMPSON, Le sette sorelle. Le grandi compagnie petrolifere e il mondo che hanno creato, Milano, Mondadori, 1976; DANIEL YERGIN, Il premio. L’epica storia della corsa al petrolio, Milano, Sperling & Kupfer Editori, 1996.
[6] «Per coordinare la propria politica petrolifera, nonché per curare i rapporti tra essi e le compagnie straniere, i paesi produttori di lingua araba crearono il Permanent Petroleum Bureau, un organismo sovranazionale sorto nel 1956 – ma progettato qualche anno prima – per ispirazione del Segretariato Generale della Lega Araba. Il nuovo ufficio analizzò i contratti che legavano i paesi membri e le major del petrolio considerando che più equo sarebbe stato se il paese produttore avesse percepito il 75% del profitto anziché il 50%. Questo fu il principio su cui lavorarono alcune cancellerie mediorientali perfezionando una nuova formula contrattuale che, inoltre, ambiva a far ottenere ai paesi produttori un’attiva partecipazione alla ricerca, obiettivo che si proponevano di raggiungere con la formazione di società a capitale misto che avrebbero estratto e lavorato il greggio ripartendo oneri, guadagni e responsabilità. Il primo paese a proporre, alle compagnie straniere operanti già sul suolo nazionale, tale formula di collaborazione fu l’Egitto, da anni impegnato in una profonda ristrutturazione di quel settore» (ILARIA TREMOLADA, Nel mare che ci unisce, op. cit., pp. 86-87).
[7] Per quanto riguarda l’accordo ENI-NIOC e i rapporti commerciali tra ENI e Iran si vedano: ILARIA TREMOLADA, La politica petrolifera italiana in Iran:1951-1957 in DAVIDE GUARNIERI (a cura di), op. cit., pp. 67-84; ILARIA TREMOLADA, La via italiana al petrolio: l’ENI di Enrico Mattei in Iran, op. cit.; http://www.academia.edu, MASSIMO BUCARELLI, op. cit.
[8] La formula contrattuale elaborata dai Paesi produttori è passata alla storia come “formula Mattei” a causa dei biografi che ne hanno attribuito al presidente dell’ENI la paternità. Volendo ricordare solo alcuni tra i biografi più noti di Mattei, hanno attribuito la paternità della formula 75/25 al fondatore dell’ENI GIUSEPPE ACCORINTI, op. cit., p. 87 e pp. 104-105; LUIGI BAZZOLI, RICCARDO RENZI, op. cit., pp. 189-192; BENITO LI VIGNI, Enrico Mattei. L’uomo del futuro che inventò la rinascita italiana, op. cit., p. 140; CARLO MARIA LOMARTIRE, op. cit., p. 244; ALBERTO MARINO, op. cit., p. 23; RAFFAELE MORINI, op. cit., pp. 168-171; NICO PERRONE, Enrico Mattei, op. cit., pp. 78-79. È probabile che anche gli atteggiamenti autocelebrativi di Mattei abbiano contribuito a consolidare la convinzione che la paternità della formula fosse dell’ENI. Mattei durante un’intervista televisiva alla RAI del 12 aprile 1961, parlando della formula 75/25, lasciò intendere che questa fosse dell’ENI: «[…] Vede, l’ENI ha iniziato una nuova formula, che è quella di pagare i diritti che pagano gli altri e in più di interessare il Paese produttore al 50% nello sviluppo delle proprie risorse […]» (ENRICO MATTEI, Scritti e discorsi, Milano, Rizzoli, 2012, p. 776).
[9] Per quanto riguarda gli accordi tra l’ENI e l’Egitto cfr. MARCO VALERIO SOLIA, op. cit.; ALBERTO TONINI, Il sogno proibito, op. cit., pp. 57-100; per gli accordi tra ENI e Marocco cfr. BRUNA BAGNATO, Petrolio e politica, op. cit.; per gli accordi tra ENI e Tunisia cfr. MARCO VALERIO SOLIA, op. cit., p. 126; DANIELE POZZI, op. cit., pp. 433-434.
[10] GIULIO SAPELLI et alii, Nascita e trasformazione d’impresa. Storia dell’AGIP petroli, Bologna, Il Mulino, 1993, pp. 17-31.
[11] cfr. DANIELE POZZI, Molti nemici molto onore? Le strategie di comunicazione dell’ENI di Enrico Mattei.
[12] Cfr. ALBERTO TONINI, op. cit., p. 154.
[13] cfr. BRUNA BAGNATO, La Pira, de Gaulle e il primo Colloquio mediterraneo di Firenze in Luigi Ballini (a cura di), Giorgio La Pira e la Francia. Temi e percorsi di ricerca. Da Maritain a De Gaulle, Firenze, Giunti Editore, 2005, p. 103.
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[14] Cfr. EVELINA MARTELLI, L’altro atlantismo. Fanfani e la politica estera italiana (1958-1963), Milano, Guerini e Associati, 2008, pp. 22-26.

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